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Grecia: Tasos Theofilou prosciolto dalla corte di Atene

“Libertà per l’anarco-comunista Tasos Theofilou”/ Corteo di solidarietà a Salonicco, 29 giugno 2017

7 luglio 2017

Dopo cinque anni di prigione, Tasos Theofilou è stato giudicato non colpevole rispetto a tutti i capi d’accusa dalla corte d’appello di Atene. La decisione è stata presa con una maggioranza di 3-2.

in inglese

Grecia: Lettera di Tasos Theofilou

Pochi giorni dopo la condanna datami dalla terza corte penale di Atene, composta da tre giudici, e la pena di 25 anni impostami per dei fatti che ho saputo solo dalla televisione, credo che emergano alcune domande di natura esistenziale e alcune conclusioni di natura politica.

Iniziando dalle domande, ci si chiede come una persona, come il presidente della corte –che assegnarlo ad un bar di periferia sarebbe già un rischio–, possa avere una tale autorità tra le mani. Come può essere che questa persona con la stessa malsana ingenuità con cui ha trattato il mio caso, possa processare a condannare centinaia, forse anche migliaia di altre persone e che questo non sia uno scandalo. Come può essere che questa persona evidentemente non brillante abbia nelle sue mani migliaia di vite. Come può essere che lo stato sia composto da persone così inadeguate e noi non riusciamo ancora a organizzare una rivoluzione contro di esso. Come può essere che l’accusa non ha neanche considerato scortese farsi alcune pennichelle durante il processo e neanche sentire il bisogno di guardare i fascicoli prima di fare l’arringa. Chiunque ha assistito al processo ha potuto concludere che l’arringa era probabilmente riguardante un altro caso. Come può essere che quelli che non considerano la giustizia penale come la vergogna dell’umanità ma come un “servizio”, la allargano trasformandola in un paio di mutande elasticizzate. Come può essere che un presidente e un pubblico ministero non si vergognino pubblicamente di dire che le richieste della difesa non possono essere accettata perché l’accusato non le ha dichiarate durante le udienze speciali di interrogatorio, screditando nel modo più assoluto la presunta parte principale della procedura che è il processo.

Ma alcune conclusioni politiche sono importanti. Come la corte che riconosce la dimensione politica dell’accusa indirettamente tramite la propria decisione, visto che se non l’avesse fatto avrebbe dovuto prosciogliermi, dato che le prove sono cadute nelle prime udienze. Ma ha scelto un campo politico – e non giuridico. Un campo utile per bilanciare le pressioni fatte dall’alto, tra la febbre “antiterrorista”, con pressioni applicate dal basso, pressioni che applichiamo in ogni piccola o grande battaglia che tutti facciamo. Pressioni che anche in un clima di devastazione autocratica sono vive grazie alla nostra incisività, militanza e solidarietà. Questa parte allora, con i molti solidali che hanno seguito il processo cosi come i giornalisti del movimento, ha evitato l’arbitrarietà del presidente e le oscenità dell’accusa (che ondeggiava tra una caricatura di destra e una pericolosa ignoranza del codice penale), restando limiti stretti dell’aula mettendo un freno al loro non senso. La corte ha agito come Ponzio Pilato temendo responsabilità, trasferendo alla corte d’appello ogni responsabilità e possibilità –anche quella di un controappello–, come è successo alla fine.

È anche importante che non sia una sentenza che abbia legittimato il DNA come prova, dato che l’oggetto sul quale sarebbe stato trovato il mio presunto DNA non esiste, ma è una sentenza che abbia legittimato l’immunità poliziesco-giudiziaria che raggiunse l’apice con il controappello proposto dal pubblico ministero Periklis Drakos.

Inoltre, non va tralasciato che nonostante la corte non abbia avuto bisogno di prove per condannarmi per la rapina a Paros, allo stesso tempo questa mancanza è stata abbastanza per prosciogliermi da tutte le accuse di partecipazione alla CCF. Quindi da un punto di vista politico, è importante che questo non è stato un altro passo verso l’acquisizione del “dogma Marini”.

Pertanto rimarrò in prigione per altri anni con la forza datami dalla consapevolezza che come ogni anarchico, non sono dentro “ingiustamente”. Ho commesso il crimine che li contiene tutti. Nella guerra di classe ho preso posizione insieme a chi subisce i torti. La prigione per un anarchico non è una punizione ma un altro campo di lotta. Non c’è spazio per lo scontento ma solo l’intensificazione continua che avanza. Fino alla distruzione dell’ultimo carcere, da Attica a Koridallos, da Pelican Bay a Domokos, da Guantanamo a Amygdaleza.

Tasos Theofilou
Prigione di Domokos
24/2/2014

fonti: asirmatista, actforfreedomnow

Prigione di Koridallos, Atene: Testo collettivo sullo sciopero della fame e della sete di Dicembre 2013

Il seguente testo è una presentazione di ciò che è seguito dopo l’incidente e anche alcuni pensieri generali riguardo all’istituzione del carcere e a come ci rapportiamo ad esso in quanto anarchici. Il nostro desiderio era di farlo prima, ma il nostro trasferimento in un altro padiglione, il pestaggio di Yannis Naxakis da parte della CCF e altre questioni carcerarie lo hanno rallentato.

Il 13/12/2013 quando è stato chiuso il cortile abbiamo ridato alla guardia di persone Yannis Milonas una piccola parte della violenza che lui applica quotidianamente tenendo una chiave. Questa persona specifica aveva insistito col suo atteggiamento litigioso quando alcuni compagni lo avevano richiamato per dei commenti ironici fatti il giorno prima.

L’incidente è stato, per l’amministrazione, il motivo per rompere la nostra comunità che era diventata una spina costante per essa. In tempi recenti ci sono stati numerosi scontri che abbiamo cercato in vari modi e per motivi che riteniamo nodale per (sciopero della fame dei comunisti turchi, collocamento del filo spinato sopra i cortili) sabotare, in modo possibile, il funzionamento del carcere.

La prima mossa dell’amministrazione è stata trasferire cinque di noi nelle celle punitive, due nel 4° padiglione, uno nel 5° e i tre rimasti nel 1°. Le prime ore sono state acute e abbiamo capito subito le intenzioni dell’amministrazione di romperci e indebolirci. I compagni che si sono trovati nelle anguste celle punitive del 3° padiglione, in celle dove neanche un cane starebbe, hanno deciso di iniziare uno sciopero della fame e della sete per richiedere la riunione immediata della nostra comunità e cosi non c’è stato tempo per l’amministrazione di pianificare mosse successive.

La richiesta era di tornare tutti al 1° padiglione dato che li stavano la maggioranza dei compagni (oltre a quelli nelle celle punitive), le persone con cui abbiamo relazioni amichevoli e anche le nostre cose. Inoltre venne proposto il 1° padiglione per assicurarci contro un possibile nostro trasferimento in un padiglione di isolamento. La condizione complicata che si è creata ha mostrato che sarebbe stato più saggio non proporre questo padiglione specifico ma uno qualsiasi. Spiegheremo perché. Continue reading Prigione di Koridallos, Atene: Testo collettivo sullo sciopero della fame e della sete di Dicembre 2013

Atene, Grecia: Condannato l’anarchico comunista Tasos Theofilou

Il 7 Febbraio 2014 l’anarchico comunista Tasos Theofilou è stato condannato a 25 anni di carcere, anche se lui abbia negato tutte le accuse fin dall’inizio. Una corte di tre membri ha raggiunto una sentenza di maggioranza (invece di un verdetto unanime) presso il tribunale di Atene.

Tasos Theofilou è stato prosciolto da accuse gravi in relazione alla “formazione di e appartenenza ad una organizzazione terroristica” (cioè il suo presunto coinvolgimento nel gruppo di guerriglia urbana Cospirazione delle Cellule di Fuoco), nonché dal possesso di esplosivi e ordigni (queste accuse erano anche cadute, dal momento che i giudici hanno stabilito che non è mai stato un membro della CCF), falsificazione di cinque carte d’identità, l’uso di un’arma da fuoco e due tentativi di omicidio.

Tuttavia egli è stato trovato colpevole di due accuse penali: partecipare ad una rapina con le sue caratteristiche fisiche coperte, e di essere complice in omicidio colposo commesso in uno stato di calma mentale. È stato anche giudicato colpevole di tre reati: di portare un arma da fuoco, forgiatura ripetuta (accusa relativa ai veicoli dei ladri), e ricezione di proventi di reato (la macchina di fuga dei ladri).

In altre parole, la corte ha deciso che presumibilmente Theofilou (senza essere un membro della CCF o di un’altra organizzazione) abbia partecipato alla rapina nella banca all’isola di Paros nel mese di Agosto 2012, ma non era quello che abbia ucciso Dimitris Michas (il cittadino che aveva tentato di bloccare la fuga dei ladri). Secondo uno dei suoi avvocati difensori, questa è una decisione presa sulla base di una ed unica indicazione (un campione di DNA discutibile su un cappello che presumibilmente è caduto ad uno dei rapinatori). Almeno l’imposizione di ergastolo è stata impedita, perché non è stato condannato per omicidio colposo intenzionale…

Molti fatti del caso e le prove presentate al tribunale sono state a favore della sua assoluzione (ad esempio nessuno dei testimoni oculari abbia riconosciuto Theofilou durante il processo). Tuttavia, come era accaduto nel caso del prigioniero anarchico Babis Tsilianidis, anche in questo procedimento l’imputato è stato trovato colpevole esclusivamente sulla base del DNA, che sarebbe stato trovato su un oggetto mobile.

La corte di primo grado ha imposto: 16 anni per favoreggiamento ad omicidio colposo, 15 anni per aver commesso la rapina, tre anni per forgiatura, due anni per porto di un’arma da fuoco (più una multa di 5.000 euro) e due anni per aver ricevuto proventi di reato; un totale di 38 anni. La sentenza aggregata è di 25 anni di carcere. Il compagno ha il diritto di appello contro la sua condanna, ma l’appello non ha effetto sospensivo, cioè, deve rimanere in carcere fino al suo prossimo processo in corte d’appello (ma nel frattempo egli può richiedere che la sua pena detentiva sia sospesa).

PIENA ASSOLUZIONE E RILASCIO IMMEDIATO DEL COMPAGNO TASOS THEOFILOU.

tradotto dall’inglese

Grecia: Lettera del compagno incarcerato Tasos Theofilou in occasione del processo

L’11 novembre 2013 nel Tribunale di Appello situato in via Loukareos, in Atene, dopo un ritardo di cinque mesi, comincia il mio processo. Un processo in cui dovrò affrontare una marea di accuse per la mia presunta appartenenza alla CCF e per la mia presunta partecipazione nella rapina in una banca sull’isola di Paros.

Un processo con obiettivi politici e con abitrarietà legali evidenti, con prove tanto inesistenti quanto fabbricate, e con i fatti distorti dall’Unità Antiterrorista e dai procuratori speciali. Un caso che dimostra in cosa consiste la gestione poliziale-giuridica degli esclusi e di chi resiste orchestrata dai mass-media. Si tratta di un esperimento politico, che combina il deus ex machina* della repressione poliziale, l’aspetto scientifico del DNA e la repressione giudiziaria con l’articolo 187A, la cosiddetta legge antiterrorista.

Da un punto di vista giuridico è importante anche che da un lato non esista neanche un briciolo di prova credibile, ma dall’altro, come conseguenza di questa mancanza di prove o indizi, si sta violando tutto il concetto di presunzione di innocenza. L’accusato è chiamato a dimostrare la sua innocenza e non il tribunale a dimostrare la sua colpevolezza, come dovrebbe essere conforme alle garanzie presumibilmente fornite dalla Giustizia Penale influenzata dall’Illuminismo. Nel mio caso succede qualcosa di ancora peggio. Devo rifiutare le accuse senza avere di fronte alcuna prova tangibile, senza niente più che un ragionamento basato su menzogne e conclusioni arbitrarie riguardanti il mio “stile di vita”, e non alcune azioni specifiche.

Comunque, a parte la dimensione giudiziaia, c’è anche quella politica che ha una gran importanza, visto che sorgono molte domande. La più fondamentale di tutte è: perchè l’Unità Antiterrorista anziché la Sicurezza si prende in carico le indagini per una rapina? Semplicemente perchè c’è stato un morto che, naturalmente, era un cittadino. Un’opportunità di prima classe per immischiare l’ambiente anarchico in azioni che non erano dirette contro lo Stato o contro obiettivi capitalisti, ma contro i cittadini. Uno sforzo che è cominciato nel 2009 (?) con la curiosa esplosione di una bomba che ha causato la morte di un giovane immigrato afgano ed è continuata con i tragici avvenimenti della banca Marfin. I mass-media e l’Unità Antiterrorista cercano di convincere che gli anarchici sono un pericolo per chiunque, ma non per il Potere stesso.

Inoltre, è importante vedere cos’è l’Unità Antiterrorista e qual è il suo ruolo. Il suo ruolo, naturalmente, non consiste nel risolvere i casi di rapine e omicidi. Di questo si occupa la Sicurezza. Il ruolo dell’Unità Antiterrorista è liquidare l’ambiente anarchico e qualunque altra comunità di lotta, sempre con il pretesto di “disarticolare” le organizzazioni armate. Così, gli arresti “erronei” non sono il risultato della loro incapacità, ma anzi mostrano la loro capacità di creare un clima di paura e panico tra la gente che lotta. Nella democrazia moderna si suppone che non si perseguano penalmente le idee, ma le azioni. E quando non ci sono azioni criminali, le si inventano. Quindi il 14 agosto 2012 qualche “sconosciuto” chiama l’Unità Antiterrorista “informandoli” che gli autori della rapina a Paros hanno qualcosa a che vedere con il terrorismo e uno di loro ovviamente si chiama Tasos, ha le mie caratteristiche e un indirizzo specifico, cioè vive a casa dei miei genitori.

Il 18 agosto c’è una nuova chiamata telefonica, questa volta che dice loro che sono seduto sugli scalini della stazione della metro Keramikos. E lì mi arrestano. L’Unità Antiterrorista, naturalmente, non ha mai trovato quell’uomo “sconosciuto”.

In questo modo si riempie il posto vacante che l’Antiterrorismo aveva preparato per me già nel dicembre 2010. Il 4 dicembre 2010 arrestarono sei compagni anarchici in un’operazione antiterrorista “impressionante”. Un’operazione che finisce per essere un fiasco, poiché dei 6 arrestati accusati di essere membri dello stesso gruppo, alcuni non si conoscono nemmeno tra di loro, qualcosa che perfino i giudici confermano alcuni mesi dopo, assolvendo due persone da tutte le accuse. E per gli altri quattro, nonostante il trionfalismo dell’allora Ministro di Protezione del Cittadino, Christos Papoutsis, non emerge altro che la possessione di armi, per cui senza tutta una serie di trattamenti alchemici legali non sarebbe possibile aggiungere l’appartenenza alla CCF.

I tre accusati nel caso (Kostas Sakkas, Alexandros Mitrousias e Giorgos Karagiannidis) si prendono la responsabilità per il possesso di armi per l’azione anarchica, mentre l’anarchica Stella Antoniou è nelle mire delle autorità a causa della sua relazione con Kostas Sakkas, ma anche per l’aiuto che ha offerto a Alexandros Mitrousias.

L’Antiterrorismo ovviamente ha saputo che anch’io avevo una relazione di amicizia e da compagni con Kostas Sakkas, con cui dal 2002 sono stato compagno di classe nella facoltà di teologia a Thessaloniki. Più o meno in questo modo è comparsa, nelle loro osservazioni e inseguimenti, una persona, si presume, sconosciuta, che per puro caso ha le mie stesse caratteristiche ed è stata vista in tutta una serie di riunioni, reali o inventate. In realtà questa persona non era loro sconosciuta in assoluto perchè, al momento giusto, hanno lasciato un posto vacante negli atti di accusa. E, considerando le finalità mediatiche, il momento giusto si è prodotto nell’agosto 2012. Naturalmente è impressionante che questa persona “sconosciuta” che non hanno arrestato allora, nel dicembre 2010, perchè non la ritenevano importante, abbiano potuto riconoscerla 2 anni dopo e questo nonostante la sua insignificanza.

L’Unità Antiterrorismo ha deciso di coprire questo posto vacante che aveva riservato per me, e questo nella maniera più contundente, anche se poco credibile. Ha deciso di presentarmi come una persona coinvolta in una rapina che è terminata con un omicidio, basandosi sulle prove del DNA che sono state “trovate” in un cappello che presuntamente avrebbe perso uno dei rapinatori, mentre una serie di sospettose irregolarità, contraddizioni ed omissioni sia riguardo la raccolta di questo DNA sia riguardo al suo esame in laboratorio, indicano che si tratta di una prova inesistente e fabbricata.

Il mio caso non costituisce un’eccezione, è anzi un caso tipico nell’attuale stato di eccezione. E’ chiaro che con la crisi del sistema molte cose sono cambiate a livello economico, politico e sociale. Il Capitale cambia i termini del suo dominio e lo stato di eccezione diventa permanente. Il complesso poliziale-giudiziario ottiene un ruolo più importante, da istituzione complementare si converte in strumento distaccato del Potere.

La repressione penale amplia ed approfondisce il suo ruolo, mantenendosi nel ruolo di unico regolatore e garante della coesione sociale. Nel frattempo il Potere aspira ad ottenere qualunque tipo di consenso sociale attraverso la demonizzazione mediatica e la sanzione penale di chi resiste e degli esclusi, riunendo la parte più conservatrice della società intorno all’ideologia della legalità.

Il totalitarismo capitalista nella sua forma più moderna si articola nell’utilizzo di termini sempre più militari, nell’affrontare un ampio insieme sociale come suo nemico interno potenziale. L’ambiente anarchico e i settori sociali esclusi sono classificati nella stessa cornice, quella dei fattori di destabilizzazione, e trattati con “tolleranza zero”.

Da un lato la polizia con la sua presenza asfissiante ha occupato ogni centimetro dello spazio pubblico, le intercettazioni telefoniche non sorprendono nessuno e le telecamere di vigilanza collocate ogni dieci metri risultano quasi inpercepite. Dall’altro lato gli spazi politici e i settori sociali esclusi lasciano spazio alla gestione penale. Il sequestro di impiegati, l’illegalizzazione degli scioperi, la legge antiterrorista applicata contro i manifestanti, i fatti di Skouries, le occupazioni di scuole, le retate costanti contro gli immigrati “Xenios Zeus”, la repressione contro le donne sieropositive e contro gli zingari. Gli inquisitori dei mezzi di comunicazione, della giustizia e della polizia impongono la legalità come un concetto sacro. Come dogma. La legalità dev’essere realizzata con un fervore religioso, se non con devozione. Come un’orazione che porterà il sacro sviluppo. Le distopie presentate nella letteratura e nel cinema già guardano con stupore la realtà attuale.

La storia non è circolare, ma non è nemmeno una linea dritta. La storia va lì dove la portiamo. E se uno degli estremi, quello dei difensori del totalitarismo capitalista (espresso dalle maniere intimidatorie in cui il primo ministro Samaras si pronuncia in favore del memorandum o da uno sbirro nazi come Michaloliakos), continua a insistere nello spingerla verso l’oscurità più profonda e la barbarie assoluta, l’altro estremo, vale a dire gli anarchici, i comunisti e gli esclusi, nonostante le nostre pur piccole forze dobbiamo spingerla verso la rivoluzione, verso l’emancipazione del proletariato, la liberazione dell’attività umana dall’insieme capitale-lavoro salariato, verso l’anarchia e il comunismo.

Anastasios Theofilou
Carcere di Domokos
4 Novembre 2013

Atene: Aggiornamento sul processo del compagno T. Theofilou

turchia

Il processo a Tasos Theofilou è stato rinviato all’11 Novembre 2013.

La decisione è stata presa dai giudici della corte dopo la richiesta della difesa (S. Fitrakis e A. Paparousou), d’accordo anche con l’accusa.

“La solidarietà è l’arma della gente, guerra alla guerra dei padroni” è stato il coro che dozzine di compagni riuniti in aula hanno urlato a Tasos, mentre lo stesso coro si sentiva all’esterno quando il blindato è ripartito.

Thasos ha salutato i compagni con un largo sorriso mentre le forze speciali dell’EKAM lo ammanettavano.

fonte

Grecia: Testo di Tasos Theofilou in vista del processo

1.
Nel Settembre 2009 cominciano i primi arresti realizzati con il pretesto di “disarticolare” la CCF, inaugurando così il processo di criminalizzare le relazioni personali tra anarchicx e distribuire mandati di arresti come fossero pillole. Una tattica che ha come obiettivo colpire non solo la CCF ma l’ambiente anarchico nel suo insieme. Di fatto, i meccanismi repressivi utilizzeranno specificatamente questa organizzazione come pretesto per attaccare l’intero ambiente anarchico, seminando la paura e l’incertezza al suo interno.

In Ottobre dello stesso anno, il Ministero dell’Ordine Pubblico cambia il suo nome, diventando Ministero di Protezione del Cittadino. Un fatto che, con una certa perplessità, sarà interpretato come un abbellimento. Tuttavia, il momento in cui avviene questo cambio di nome non è per niente casuale. Vale a dire, parliamo di un periodo in cui la classe media perde di colpo i suoi privilegi e i suoi diritti, cadendo di fatto dalla qualità di cittadino a quella di suddito. Il Ministero in questione infatti si incarica di proteggere solo una piccola corporazione di capitalisti e potenti che nemmeno ci pensano a perdere i loro privilegi.

Negli anni che seguono, moltissime cose cambieranno, la più importante sarà il congedo definitivo del modello keynesiano e la trasformazione del lavoro da un diritto a un privilegio. Il Potere del Capitale non è più in posizione di offrire il sogno piccolo-borghese e l’unico che regala è la repressione. Non ci sono sufficienti carote da servire come motivazione e solamente il bastone può offrire la soluzione.
La manifestazione della crisi, che era stata latente già dalla fine degli anni ’70, porta la classe capitalista, nel suo sforzo di mantenere i propri privilegi, alle tattiche dell’accumulazione primaria e della politica colonialista applicata anche all’interno del cosiddetto Mondo Occidentale. Visto che non è capace di ottenere i suoi profitti attraverso il Santo Progresso, si dà al puro saccheggio. In questo modo, il Potere del Capitale si sta militarizzando. Militarizza il lavoro reclutando impiegati.

Militarizza la repressione utilizzando le forze speciali dell’EKAM con qualunque pretesto. Militarizza la Giustizia, applicando le leggi speciali ai settori politici che resistono.

Leggi speciali, che per il momento si applicano all’ambiente anarchico e domani saranno applicate a qualunque variante brechtiana di questo. Leggi speciali secondo le quali basta essere anarchici per vedersi presi di mira dalla Sezione Antiterrorista e poi trovarsi accusati di accuse vuote ma voluminose.

2.
Il procedimento penale contro la mia persona si realizza in questo contesto politico. Si tratta di una persecuzione penale basata in idionymon* di anarchico e nella tattica di criminalizzare le relazioni politiche e personali.

Un processo penale che in una delle sue parti, quella che ha a che vedere con l’appartenenza alla CCF, si “basa” nel contatto che avevo con un mio amico, il compagno anarchico Kostas Sakkas. Ciò che è interessante è che anche lui stesso nega di essere membro della suddetta organizzazione. Inoltre, l’Antiterrorismo mi sta presentando – e questo non è altro che una menzogna – come qualcuno che “nella stazione degli autobus di Agrinio, con le sue misure di contro-inseguimento, copriva le spalle di un altro accusato nello stesso caso”, il quale, ovviamente, nega anch’egli la sua appartenenza alla CCF.

La seconda parte del processo penale ha a che vedere con il fatto che, secondo le fantasie dell’Unità Antiterrorista, io avrei partecipato alla rapina alla Alfa Bank nell’isola di Paros, che si è conclusa con la morte per colpo di arma di fuoco di un cittadino che cercava di impedire la fuga dei rapinatori. Si tratta di un processo penale in cui l’unica prova è una traccia di DNA in un oggetto (un cappello) che è stato trovato vicino alla banca; vale a dire una prova che in nessun caso implica la mia partecipazione nella rapina. In tutti i modi, ritengo di validità molto dubbiosa le modalità in cui è stata raccolta e analizzata quella prova.

Quindi il 10 Giugno sono citato a presentarmi nel Tribunale Terzo di Crimini Gravi (composto da 3 giudici) situato in via Loukareos di Atene, accusato di appartenenza alla CCF e inoltre perchè “come membro della suddetta organizzazione partecipò alla rapina dell’Alfa Bank nell’isola di Paros”.** Si tratta di accuse che, da parte mia, ho rifiutato fin dal primo momento.

Mi trovo ad affrontare le gravi accuse che formano parte di alcuni atti di accusa voluminosi, che, da una parte sono pieni di supposizioni dell’Unità Antiterrorista sul mio modo di vivere, e dall’altra, risultano completamente vuoti – naturalmente – per quel che riguarda qualunque prova.

3.
I processi non sono rappresentazioni teatrali. Però sono dei rituali. Rituali in cui il Potere del Capitale restituisce quello che definisce come Giusto quando ritiene che questo è stato alterato. Rituali nei quali si cristallizzano le correlazioni sociali. In questo processo in concreto, quello che – tra altre cose – è in gioco, è sia la legislazione della criminalizzazione di ambienti e lotte politiche intere, sia anche la criminalizzazione delle relazioni personali che i lottatori sociali mantengono tra di loro. Il consolidamento di una situazione in cui chi resiste dovrebbe rendere conto al Potere non solo per la sua qualità di “resistente” ma anche per tutti gli aspetti della sua vita sociale. O, detto con altre parole, il consolidamento di una situazione in cui il fatto di essere anarchici già in sé costituisce indizio di colpevolezza.

Manca solo che qualunque amicizia tra anarchici abbia il carattere di appartenenza all’organizzazione terrorista.

Tasos Theofilou

fonti: i, ii

Note di traduzione:
* Legge speciale (delictum sui generis) introdotta in Grecia nel 1929 e il cui obiettivo fu la penalizzazione delle cosiddette “idee insurrezionali”, vale a dire comunismo, anarchismo ma anche sindacalismo radicale.
** Il processo è stato rinviato al 11 Novembre 2013.

Grecia: Testo di Tasos Theofilou dalle carceri di Domokos

Il testo che segue è stato scritto 24 ore prima della fuga magica dal carcere di Trikala, il 22/03/2013.

Probabilmente ha qualche interesse a commentare gli ultimi due tentativi di fuga dai carceri di massima sicurezza. Una con elicottero dal carcere di Trikala, e l’altra con una piccola “bugia” dal carcere di Malandrino.

Nel primo caso è emerso che la polizia non ha esitato, al fine di consolidare la dottrina della tolleranza zero, di mettere in pericolo la vita di decine di persone, citando la sua intenzione di evitare una fuga, un atto punibile come un reato minore…

Nel secondo caso abbiamo visto cosa possa ottenere un prigioniero facendo passare una semplice radio come il telecomando di una bomba (!) quando i meccanismi dell’applicazione della legge sanno che non scherza con la sua libertà. Anche se finalmente non è riuscito a fuggire, ha mantenuto per 24 ore in piedi un carcere intero con unica sua arma la decisione.

Ma ciò che conta veramente in questi due casi è il cambiamento nel senso della fuga e la sua mutazione in un percorso individuale del detenuto. Fino alla fine degli anni ’90 la ribellione e la fuga erano quasi due concetti correlati. La rivolta era di solito il risultato di un tentativo di fuga di massa. I detenuti in una prigione stavano cercando di fuggire insieme, alcuni ci riuscivano, alcuni venivano feriti dai proiettili degli sbirri durante il tentativo e il resto tornava indietro e bruciava la prigione. Le cause di questa mutazione devono essere ricercate da un lato all’aggiornamento della tecnologia e dell’architettura della repressione e dall’altro all’individualismo senza precedenti dei prigionieri moderni.

Le prigioni moderne sono progettate per ottenere il massimo controllo possibile, usando entrambi i metodi naturali ed elettronici. Sono le telecamere ad ogni angolo, il braccio ben squadrato e privo di qualsiasi elemento naturale. Sono le porte che si aprono solo elettronicamente dalla sala di controllo. È anche- un importante dettaglio- che il tetto, il primario rifugio dei prigionieri ribelli non è accessibile in qualsiasi modo.

Dall’altro è la variazione nella composizione della popolazione carceraria, nell’ultimo decennio, che ha portato ad alcuni cambiamenti nella percezione dei prigionieri. La popolazione carceraria non è composta né da criminali assetati di sangue, né da fuorilegge romantici. Consiste da immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia che nella maggioranza dei casi non sanno, non solo la lingua, ma anche la ragione per cui sono in carcere. È composta da tossicodipendenti la cui posizione dovrebbe essere in ospedale. È composta da piccoli malviventi terrorizzati e da debitori, la nuova tendenza nelle carceri greche. È composta da padrini e teppisti della vita notturna che in cambio di alcuni piccoli favori mantengono un equilibrio nelle carceri greche tra la corruzione e la pace sociale.

I rapporti tra i prigionieri sono falsi, ipocriti fino alla nausea e diplomatici. Un gioco di dominazione che agisce come un freno sulla costruzione di relazioni di fiducia, il che riduce lo stato d’animo combattivo che richiede la solidarietà. I detenuti, divisi in nazioni e tribù, in piccole e grandi pene per reati diversi, in differenze personali che scaturiscono principalmente dalla droga e da piccoli interessi personali, distruggono ogni comunità di lotta che potrebbe crearsi. In definitiva chi vuole affermare la sua libertà è invitato a provare da solo o con alcuni amici. Le soluzioni collettive sembrano un romanticismo obsoleto che appartiene negli anni ’90.

E perché tutto questo è importante?

Perché la prigione non è uno specchio della società. È lo spazio nel cui sono concentrate le sue funzioni, i suoi valori, le sue tradizioni, la sua etica, i suoi problemi. Guardando ed analizzando ciò che accade all’interno si è in grado di interpretare l’inerzia sociale che sta fuori.

Spettacolari è legittimi sono i elicotteri per fuggire, ma più belle sono le fiamme della ribellione. Non si deve smettere di onorare coloro che sono riusciti o anche hanno tentato di fuggire, ma non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo non dovrebbe essere solo quello di volare sopra le mura, ma a ballare sulle loro rovine.

Anastasios K. Theofilou
21/03/2013
braccio E1 delle carceri di Domokos.

Atene: Richiamo di solidarietà a Tasos Theofilou

“Sono un comunista anarchico. Amo la vita e la libertà. Lottiamo per abbattere le carceri che seppelliscono al loro interno migliaia di persone vive. Lottiamo per l’ideale della liberazione sociale. Lottiamo per la liberazione della nostra classe da parte dell’autorità del capitale.”
Anastasios (Tasos) Theofilou

Richiamo di raduno presso la Corte d’Appello (Via Loukareos, Atene), Martedì 4 Dicembre 2012 alle 09.00, 7° piano, ufficio 1360.

Solidarietà al compagno Tasos Theofilou che è interpellato a dare un’ulteriore testimonianza all’inquisitore contemporaneo Mokkas.

Tasos Theofilou è accusato di una rapina a mano armata all’isola di Paros il 10 Agosto 2012, durante la quale è stato ucciso Dimitris Michas, e per la partecipazione all’Organizzazione Anarchica Rivoluzionaria CCF. Il compagno nega tutte le accuse.

Nessun compagno da solo nelle mani dello Stato.

Siamo tutti lì.

Assemblea di solidarietà all’Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica Cospirazione delle Cellule di Fuoco e quelli perseguitati nello stesso caso

Atene: Rivendicazione dell’attacco dei Fuochi all’Orizzonti del 24 Settembre 2012

Non vogliamo avere niente a che fare con quelli che dalle loro poltrone rinunciano al contrattacco violento contro i capitalisti che sono protetti dalle armi assassine della polizia mentre i minatori in sciopero muoiono di fame. (…) Non sono loro gli stessi che ci privano di cibo, ci minacciano con la fame e lo sfruttamento? E qualcuno grida: “é necessario produrre!” La sola cosa che produciamo sono le nostre catene. I soli criminali sono i padroni!
Bruno Filippi*

L’attacco continua… e la repressione… è salita di grado senza che ci sia stato bisogno di pubblicizzarlo. E da quando Dendias (ministro dell’ordine pubblico) ha scoperto che “l’uso limitato di agenti chimici” è costoso e pericoloso per l’opinione pubblica mondiale, o comunque non efficace come avrebbe voluto, ha richiesto idranti d’acqua per le manifestazioni e lo ha gridato ad alta voce. Naturalmente i viscidi subumani dei media si sono affrettati a pubblicizzarlo in ogni modo, nascondendo meticolosamente l’incendio avvenuto a danno di un’azienda che importa e vende sistemi di controllo e sicurezza, all’alba di lunedì in Via Solomou 7, a Halandri.

Ma la repressione non è solo la violenza degli sbirri, sono anche i migliaia di sbirri che ormai da anni sono stati seminati dal potere nelle menti e negli animi di tantissime persone attraverso il tessuto sociale – e questa è la sua grande vittoria. Dai tipi che fanno gli eroi rischiando la loro vita per salvare i soldi di una banca a tutti quelli che si astengono, rinunciano o si oppongono alla violenza insurrezionale. Un fatto evidente è avvenuto nello sciopero del 26 Settembre quando la vasta maggioranza del mondo si è evidentemente astenuta dallo scontro, per la convinzione che mostrando i propri cadaveri danzanti e pacifici lo Stato avrebbe avuto pena di loro e gli avrebbe restituito le loro proprietà perdute. A tutti loro abbiamo una cosa da dire: che la lotta contro il regime è violenta, e così dovrebbe essere condotta a partire dalla base per poter essere vittoriosa.

Il controllo sociale e la cultura della sicurezza

Nella misura in cui gli occhi e le orecchie indiscrete dello Stato hanno invaso quasi ogni aspetto del complesso sociale per monitorare e organizzare tutte le attività sociali, la cultura della sicurezza ha imbevuto i neuroni della società trasformando i suoi soggetti – oppressi e non, “progressisti”, “radicali”, pacifisti e conservatori – in disgustose sanguisughe attaccate ai valori del mondo di oggi. E a questo punto legittima e sviluppa l’ideologia della sicurezza e dell’intero complesso tecno-industriale di controllo e repressione che ha padroni, soci e sostenitori… per noi tutti loro sono nemici. Il suo attacco attraverso il capitale non si limita al completo soggiogamento degli umani e alla totale distruzione della natura, ai cibi mutati, allo sviluppo industriale, all’uccisione e alla tortura di animali, queste sono le rappresentazioni minimali della sua violenta estensione. Sia i managers della repressione da dentro i propri uffici, gli entusiasti esecutori dei doveri repressivi – che siano poliziotti, guardie di sicurezza, guardie umane o chiunque sia impiegato nel campo della repressione – che tutti quelli che con o senza ricompensa, migliorano attraverso le conoscenze tecniche, i sistemi tecnologici e le attrezzature, e in generale contribuiscono materialmente o moralmente alla complessità della repressione e del controllo, sono obiettivi. In altre parole, odiamo questa ideologia di necrofilia, la sua cultura e le persone che la sostengono e vogliamo prendere di mira tutti i livelli gerarchici. Vogliamo veder accoltellati i trafficanti (piccoli e grandi) del controllo, vogliamo vedere i loro negozi ridotti in cenere, le loro aziende saltare in aria, gli amici degli sbirri e i fascisti con i denti rotti dopo ogni tentativo di imporre l’ordine e la sospettosa calma mortale della quale sognano. Vogliamo vedere il mondo dell’ordine bruciare sotto gli attacchi devastanti di tutti quelli che hanno il caos che gli brilla negli occhi.

Ma poiché volere e desiderio vanno insieme al tentativo della loro realizzazione, ci siamo mossi dalle parole all’azione. Abbiamo distrutto con gioia l’azienda Transam Trading Co Ltd, ad Halandri, un’azienda che commercia ogni tipo di sistema di sicurezza e controllo ad alta tecnologia, specializzata in vari tipi di telecamere high-tech e sistemi a raggi X per scannerizzare pacchi, ecc.

La repressione non ci spaventa, ci rende armati

I mezzi migliori per rompere la repressione e il controllo sono l’intensificazione, la persistenza e l’innalzamento della lotta politica per la destabilizzazione e la distruzione del potere e del capitalismo. È imperativo sviluppare comunità di lotta che attraverso i loro processi si uniscano e attacchino la brutalità dello Stato nel modo che decidono di volta in volta. Da incontri dinamici con gli sbirri, distruzione e saccheggio di infrastrutture capitaliste all’autodifesa finalizzata ad evitare l’arresto e il pestaggio dei compagni che combattono nelle strade, lo sviluppo e la diffusione di parole affilate e sovversive per fronteggiare gli attacchi di tutti i tipi dei nostri nemici, e azioni dirette cospirative con sabotaggio, incendio, esplosivi e ogni altro mezzo offerto dalla storia rivoluzionaria e l’immaginazione. È ugualmente importante sviluppare strutture di solidarietà e mutuo supporto così come strategie utili per evitare attacchi dai nemici e diventare più efficaci contro di loro.

Gruppi di guerriglia ovunque!

Siamo dalla parte dei combattenti prigionieri – Soddisfazione immediata per le loro richieste

Inviamo il nostro amore inarrestabile e la nostra solidarietà agli anarchici Babis Tsilianidis, Dimitris Dimtsiadis, Sokratis Tzifkas. Ai fieri membri della C.C.F. e all’anarchico Theofilos Mavropoulos.

Facciamo in modo che gli imminenti processi diventino un altro motivo per attacchi dinamici contro le strutture del dominio.

Siamo dal lato del compagno Tasos Theofilou e degli altri anarchici accusati di coinvolgimento nelle CCF che negano la partecipazione.

Siamo dal lato dei guerriglieri urbani Nikos Maziotis e Pola Roupa (in fuga) e di Kostas Gournas (Lotta Rivoluzionaria).

Siamo dal lato del ribelle mai pentito della 17 Novembre Dimitris Koufontinas.

Salutiamo con gioia l’esecuzione di tre poliziotti della municipale in Messico da parte della Cellula Insurrezionale Mariano Sanchez Anon-FAI.

Solidarietà a tutti gli anarchici e prigionieri insubordinati in Grecia, Italia, Germania, Spagna, Messico, Cile, Stati Uniti e ovunque si sviluppi la resistenza alla barbarie capitalista.

Fuochi all’Orizzonte – FAI

PS: Ci dispiace che allo sciopero non abbiamo incontrato i duri “battaglioni d’assalto” dell’Alba Dorata, nonostante il fatto che avessero annunciato di partecipare, la festa sarebbe stata fantastica. Saluti fraterni alle pattuglie antifasciste. Solidarietà a tutti quelli arrestati durante lo sciopero del 26 Settembre.

fonti : i, ii

* L’estratto è in realtà una variazione greca delle parole di Bruno Filippi in “Parla la dinamite”; vedi qui in inglese.

Grecia : Un paio di note sull’arresto dell’anarchico Anastasios Theofilou

1.
Nell’attuale fase di “sviluppo” del capitalismo, il lavoro non è un diritto o un ricatto. Il lavoro è un privilegio. Per chi è lontano dal benessere materiale e spirituale della società del Capitale, il solo
modo per sopravvivere è il “crimine”.

Ed il crimine ha molte forme, molti significati e molte versioni. Contrapponendoci al significato tipico dei media, non dovremmo accettare la legge come limite tra etico e non-etico. Buono e cattivo. Giusto e sbagliato. Né, ovviamente, dovremmo cambiarne ingenuamente il segno utilizzando il crimine come limite tra ciò che è rivoluzionario e ciò che non lo è.

Occorre fare i conti col crimine con calma, andando oltre etica e romanticismo, come un’attività sociale in più le cui caratteristiche individuali ne definiscono l’importanza. In poche parole, un criterio della nostra critica deve controllare se un’attività, illegale o legale – questo non ci riguarda-, serve gli interessi personali della gente della nostra classe, o il progetto d’emancipazione della nostra classe dalla classe dei padroni e dei manager del Capitale. La classe, vale a dire, che ora si limita a strapparci con modi da rapinatori la nostra sola merce, la nostra forza lavoro, ma (peggio ancora) che ci priva della possibilità di venderla.

2.
Sono accusato di una rapina finita in tragedia. Non voglio menzionare questi incidenti finché non ne so niente, eccezion fatta per quanto passano le lenti deformanti dei media. Per un cittadino, cercare di difendere i soldi di un’istituzione, la di cui avidità ha portato i 2/3 dell’umanità alla povertà, è certamente qualcosa di assurdo.

Questo non significa che la risposta è ucciderlo. Non conosco le circostanze e dunque non posso sapere se si è trattata di un’esecuzione a freddo o di uno scontro finito ai proiettili. Mi piacerebbe credere, anche stando alle testimonianze dei testimoni, a quest’ultima situazione.

In ogni caso, una persona è morta. Una persone che se avesse pensato anche solo per pochi secondi a cosa stava per fare, avrebbe potuto cambiare idea e da persecutore sarebbe passato ad essere un sostenitore dei rapinatori.

Ma è morto e non può difendersi. Né da alcuni compagni che danno caratterizzazioni che non si addicono ad un morto, né soprattutto dai ladri di tombe dei reparti anti-terrorismo e dei media che hanno dato luogo ad un balletto sul suo corpo, per puro servilismo politico.

Sono un anarchico comunista. Amo la vita e la libertà. Lottiamo per abbattere le galere che opprimono al loro interno centinaia di vite. Lottiamo per la visione della liberazione sociale. Lottiamo per la liberazione della nostra classe dall’autorità del capitale.

27/9/2012
A. K. Theofilou
2° braccio della prigione di Domokos

fonti : i, ii

Grecia: Testo dell’anarchico Tasos Theofilou – Diario dell’operazione Angela Davis

Diario dell’operazione “Angela Davis”

18/8/2012
Esco dalla stazione di Keramikos (Atene). Cerco un internet-cafè, che si trova lì vicino. La mia disintossicazione dal mio avatar durerà ancora un po’. Mi avvio verso Thissio.

Due motociclette si fermano di fronte a me. Un branco di persone mi piombano addosso e mi immobilizzano. Non so cosa sta succedendo. Urlo. Mi ammanettano e mi mettono un cappuccio nero sulla testa. Non si identificano a me. Mi mettono in un’auto, una Toyota Yaris o qualcosa del genere.

Non importa. Mi dicono “Hai rovinato la nostra estate, segaiolo! Dobbiamo pensarci noi adesso, eh?”. Ecco, penso. Questa è la battuta delle forze anti-terrorismo. “Hey, l’abbiamo preso”, fa sapere l’autista al cellulare. “Sei sicuro che sia lui?”, chiede quello che mi tiene dietro.

“Come ti chiami?”, mi domandano. Glielo dico, sono sollevati. Ho sentito storie con un inizio come questo circa una dozzina di volte, non potevo immaginare un seguito di questo tipo. Nemmeno nei miei racconti. Sono in un garage sotterraneo. All’ingresso.

Ho ancora addosso il cappuccio e le mie mani sono ammanettate dietro la schiena. Aspettiamo l’ascensore. “Al 13°”, ordina qualcuno appena entriamo. Penso alla mia dannata fortuna e alla loro semiologia. Quello che riesco a vedere attraverso il cappuccio sono le scarpe di una linea infinita di poliziotti in abiti civili, e il pavimento.

Mi portano in una stanza. La riconosco. E’ la famosa stanza in cui ogni tanto vari anarchici hanno posato per i bisogni dei filmati dell’ormai famosa squadra antiterrorista. Siedo su una sedia con le mani sempre legate dietro la schiena.

“Hai fatto qualcosa di illegale?”, mi chiede uno. “Mi avete arrestato voi, vi aspettate che ve lo dica io?”, penso. Non rispondo. “Hai fatto qualcosa che ti fa sentire colpevole?”, continua. Ancora una volta non rispondo. Non capisco cosa sta cuocendo in pentola. Qualcuno mi afferra la testa da dietro. Mi apre la bocca e vi mette dentro un cotton-fioc.

Protesto. Non che porti a qualcosa. So molto bene che l’antiterrorismo è al di sopra delle leggi. So che vanta prestigio e incontrollabile autorità, non grazie alle autorità della giustizia penale ma alle regole della barbarie giornalistica.

Dopo un po’ di tempo e dopo avermi preso le impronte, senza rispondere alla mia fondamentale domanda se sono o meno in arresto, una nuova coppia di sbirri entrano nell’ufficio. “Lo hai ucciso?”, mi chiedono. Penso: questo trucco devono averlo imparato da CSI. Ti minacciano di volerti accusare di omicidio così che tu, nel panico, ammetta qualcos’altro.

Non rispondo. Sì o No. Non solo non so cos’hanno in pasto per me ma, principalmente, non so nemmeno come ce l’hanno. Mi tolgono il cappuccio e mi fotografano. Lo rimettono e mi mettono in piedi con le mani ammanettate dietro la schiena, di fronte a un muro. Dietro di me alcuni fanno rumori stupidi. Fingono che sia l’aria o un aeroplano.

Mi sussurrano: “Ti fotteremo, pelato!”. Le ore passano. Conto i secondi nella mia testa per non perdere il senso del tempo. Uno, due, tre fino a sessanta e poi ancora dall’inizio. Appena arrivo a dieci minuti mi confondo ma almeno in questo modo posso grosso modo calcolare quanto dura un’ora. Quando penso sia passata un’ora, mi fermo e ricomincio. Una, due, tre… Ho l’ansia. Non riguardo a cosa mi faranno, ma a cosa stanno architettando questa volta.

So di essere il piatto principale questa volta ma non so in quale ricetta. Qualcuno arriva dietro di me. Mi dice: “Qualunque cosa tu dirai, dilla ora, perchè fra due ore cambieremo la melodia. Tra due ore prenderemo il tuo DNA e ti fotteremo”. Mi domando di che DNA stiano parlando e perchè mostrino tutta questa sicurezza. Non rispondo. “Cosa è successo sull’isola? Il lavoro è andato male? Anche noi presto ci metteremo a rapinare le banche visto come vanno le cose, ma uccidere qualcuno è diverso!”.

Prima di tutto, penso, non ho ucciso nessuno e non ho rapinato nessuna banca, nonostante il fatto che ci faccia delle fantasie ogni volta che ne vedo una. Inoltre, rapina qualche povero venditore di biglietti della lotteria come fai di solito e lascia perdere le banche. Non mordere la mano che ti nutre… Le ore passano… Sono sempre in piedi faccia al muro, che posso a malapena vedere attraverso il cappuccio. “Il DNA è venuto fuori”, sento acclamare qualcuno.

Questa esplosione di gioia è accompagnata da pugni, schiaffi, calci. Cado a terra. Loro mi saltano più volte sulla schiena. Penso alle parole di Chronis Missios: “Qualunque cosa mi possano fare, dovranno rimettermi insieme”. Penso che i tempi sono cambiati. Qualunque cosa mi facciano, devono consegnarmi alle telecamere come l’esecutore, non come la vittima.

Si fermano dopo un paio di minuti. Mi rimettono in piedi e mi dicono: “Starai qui per tre giorni! Ti faremo sputare l’anima”. Mi dicono: “Ti seguivamo dal 2009, cosa facevi con Karagiannidis ad Agrinio? Pensavi che non ti potessimo vedere?”. Penso. Non sono mai stato ad Agrinio e conosco Karagiannidis solo dalle vostre foto.

Il loro delirio continua. Tra promesse e minacce sento la parola “Setta” e il nome “Nektarios Savvas”. Anche la frase “Siamo su due lati opposti”. Ok, penso, ma dove arrivo io in questa storia? Mi dicono “Gli altri due danno tutta la colpa a te, dì qualcosa per alleggerire la tua posizione!”. Mi chiedo chi possano essere questi altri due? All’apicentro dell’interrogatorio ci sono ora le mie narrazioni. Cercano di arrivare a una qualche conclusione.

L’interrogatorio continua per alcune ore e la coppia che interroga cambia tutto il tempo. Mi chiedono tutto quello che gli viene in mente. Se ho mai provato paura nella mia vita e cose del genere. A un certo punto mi lasciano. Se ne vanno dall’ufficio mentre sono ammanettato a una sedia dietro la mia schiena. Non so per quanto durerà. Sicuramente molto. Sicuramente sarà senza fine. Guardo il muro.

Le mie mani sono insensibili dalle manette. La pelle intorno ai miei polsi sanguina, si è gonfiata così tanto che copre le manette. Continue reading Grecia: Testo dell’anarchico Tasos Theofilou – Diario dell’operazione Angela Davis

Grecia : L’arresto dell’anarchico Tasos Theofilou puzza di montatura poliziesca

Un caso di rapina, durante il quale è accaduta l’uccisione di un cittadino che aveva attaccato i rapinatori, è stato trasformato dalle forze anti-terrorismo in un caso di “terrorismo”, mentre i pappagalli sono stati addestrati a scrivere di scenari mostruosi, pieni di menzogne, che non hanno niente a che fare con i fatti del fascicolo processuale (come di solito succede quando gli anti-terrorismo inventano un caso).

L’anarchico Tasos Theofilou, che è stato arrestato per questo caso, nega fortemente tutte le accuse fin dal primo momento, mentre il suo avvocato Sp. Fitrakis ha parlato di magre prove nel fascicolo.

Dando un’occhiata al caso (come presentato nei fascicoli e non come presentato dai pennivendoli che prendono ordini dal 12° piano del GADA, quartier generale della polizia di Atene), vediamo salire la puzza di una montatura poliziesca. Pochi giorni dopo la rapina, una persona “anonima” avrebbe presumibilmente chiamato gli sbirri (!) dicendogli che il rapinatore di Paros era seduto sui gradini della stazione metro di Keramikos. Hanno perfino fatto una descrizione. Immediatamente le forze anti-terrorismo si sono recate sul posto e hanno arrestato T. Theofilou.

Che interesse hanno le forze anti-terrorismo in un caso di rapina? Alla stazione di polizia hanno preso con la forza la sua saliva e le sue impronte digitali, per poi annunciare subito dopo che il suo DNA combaciava con il DNA di un capello trovato nel cappello caduto ad uno dei rapinatori a Paros! Nessuna impronta nè niente. Per quanto riguarda il DNA, si possono leggere gli articoli del giornale “Kontra” sulla importante discussione che sta avendo luogo nel corso del processo a Lotta Rivoluzionaria, per rendersi conto di come sia un metodo non solo discutibile, ma completamente inaffidabile.

E’ una coincidenza che prima dell’arresto di Theofilou le forze anti-terroriste dicessero ai pennivendoli di essere sulla buona strada e di avere delle prove? Si può facilmente rendersi conto di chi sia la “persona anonima” che ha riconosciuto il rapinatore (travisato) di Paros sui gradini del metro e ha chiamato la polizia. Le “domande”, comunque, non si fermano qui.

Quando Theofilou si trovava nelle mani delle infami forze di polizia, tre o quattro sbirri ricordarono che era lui la persona che portava avanti il “contropedinamento”, quando sorvegliavano le case di persone connesse alle CCF ad Atene, Pireaus e Agrinio! Questa presunta persona non fu mai arrestata e nemmeno detenuta, ma le sue caratteristiche venivano ricordate due anni dopo! In questo modo, Theofilou fu accusato dell’intera lista di azioni attribuite alla CCF (e alle persone dietro i membri dell’organizzazione) e dovrà affrontare un secondo fascicolo di inchiesta gestito dal procuratore speciale Baltas. Questa costruzione “puzza” davvero.

fonti : a, b

Atene: Assunzione di responsabilità per attacchi incendiari contro l’Alba Dorata (Chrissi Avgi)

(Da l’attacco incendiario agli uffici locali del partito neonazista in Pangrati)
(da l’attacco incendiario nell’azienda del proprietario neo-nazista in Peristeri)

 

(da l’attacco incendiario nell’azienda del proprietario neo-nazista in Peristeri)

Coloro che seminano il terrore, riceverano il nostro odio.

L’alibi non passano più…

Non esistono elettori illusi dell’Alba Dorata. Coloro che l’hanno sostenuta, l’hanno fatto consapevolmente. Si tratta niente di meno che fascisti.

Coloro che investono nel ruolo della vittima per raccogliere nelle loro misere organizzazioni una decina di poveracci della sinistra in più, seminano solo il disfattismo verso il fascismo.

Finché gli immigrati non costruiscono le loro strutture auto-organizzate d’auto-difesa contro i fascisti e riducono il loro “coraggio” tra miserabili litighi tra di loro e in comportamenti antisociali, stano contribuendo alla diffusione del cannibalismo sociale.

Le uniche persone che ormai non cercano alibi sono i fascisti stessi, apertamente impegnati in un progetto omicida, sotto la copertura degli apparati dello Stato e col sostegno aperto o velato degl’istinti più marci di quella popolazione fascista e medio-borgese.

Per quanto ci riguarda, non abbiamo mai cercato per alibi. La nostra guerra con i bastardi dell’Alba Dorata non è una moda nel contesto della loro (presumibilmente) “inattesa” ascesa. Da anni, li combattiamo nelle strade, nella loro mentalità. Li combattiamo perché sono l’aspetto più terribile, il braccio lungo dei nostri nemici principali: il potere e il capitale. E non li abbiamo mai dato pieta.

– Il 12 Agosto abbiamo incendiato gli uffici dell’Alba Dorata in Via Filolaou nella zona di Pagrati.

– Il 22 Agosto, nella zona di Peristeri, abbiamo ridotto in cenere azienda e veicolo aziendale di proprietà del neo-nazista e teppista Efstathios Boukouras, parlamentare del Korinto con l’Alba Dorata.

Arrivederci…

PS: la nostra solidarietà al compagno Tasos Theofilou.*

fonte

* Anarchico/anti-autoritario che è stato arrestato dalla polizia il 18 Agosto 2012, nella zona di Kerameikos ad Atene, ed è ancora tenuto prigioniero per accuse gravi, tra cui il suo presunto coinvolgimento nel caso di rapina a mano armata con l’omicidio d’un cittadino 53 (che ha provato di fare l’eroe nel tentativo di fermare i ladri sulla loro fuga) a Naoussa sull’isola di Paros, il 10 Agosto. Il nome di Tasos Theofilou è stato anche implicato nel caso di R.O. Cospirazione delle Cellule di Fuoco, in particolare, egli è ora nel mirino per gli incidenti che hanno avuto luogo ad Agrinio e nel centro della città di Atene nel 2010.