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Atene, Grecia: Ricovero forzato di Nikos Maziotis e Pola Roupa

I membri di Lotta Rivoluzionaria Nikos Maziotis e Pola Roupa sono in sciopero della fame dall’11 novembre 2017.

Il compagno e la compagna incarcerat* si battono contro le misure d’isolamento; contro misure specifiche del nuovo codice carcerario che mirano alla repressione dei/lle prigionier* di alta sicurezza; contro la proposta di detenere i/le prigionier* di alta sicurezza nei commissariati; contro il ripristino previsto del regime carcerario di tipo C. Richiedono anche la fine immediata dell’isolamento imposto a Nikos Maziotis (da luglio, per una decisione del ministero della giustizia, il compagno viene tenuto isolato dagli altri prigionieri); un’estensione dell’orario di visita basata sulla frequenza di visite del/la prigionier*; sale appropriate per i genitori incarcerati per poter incontrare i propri figli.

Hanno chiarito fin dall’inizio che avrebbero preso soltanto acqua. Hanno chiesto ripetutamente che venisse loro garantita una comunicazione telefonica libera col figlio di 6 anni prima di essere trasferiti dalla prigione di Koridallos in un qualsiasi ospedale.

Il 2 dicembre Nikos Maziotis e Pola Roupa sono stati trasferiti in un ospedale esterno alla prigione a causa del peggioramento del loro stato di salute. Ma il giorno successivo hanno entrambi chiesto di essere rimandati in prigione perché alla fine la libera comunicazione col figlio era stata loro negata.

Il 4 dicembre Nikos Maziotis ha bruciato e distrutto la sezione d’isolamento B nel sotterraneo della prigione femminile di Koridallos, dove era tenuto in isolamento da 5 mesi. Da lì è stato spostato nell’infermeria della prigione a causa delle esalazioni, ed è stato minacciato di venire messo di nuovo in isolamento – stavolta nell’unità disciplinare della prigione di Koridallos.

Nelle prime ore del 5 dicembre Nikos Maziotis e Pola Roupa, in sciopero della fame, sono stati costretti al trasferimento fuori dalla prigione. Il procuratore ha ordinato il ricovero forzato. Attualmente sono all’Ospedale Generale di stato di Nikaia, minacciati entrambi di venire nutriti con la forza. Per il momento i medici dell’ospedale non hanno ancora ottemperato agli ordini del procuratore.

Nikos Maziotis e Pola Roupa continuano lo sciopero della fame. Hanno dichiarato che non accetterano il siero fisiologico e reagiranno contro ogni tentativo di terapia non volontaria e nutrizione forzata (tortura) in ogni modo possibile.

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Atene, Grecia: Tre prigionier* di Lotta Rivoluzionaria in sciopero della fame e della sete – Lambros-Viktoras Maziotis Roupas rapito

Nelle prime ore del 5 gennaio 2017, due membri di Lotta Rivoluzionaria, la compagna Pola Roupa, latitante, e l’anarchica Konstantina Athanasopoulou sono state arrestate in uno dei quartieri della zona sud di Atene. La polizia anti-terrorismo ha assaltato il nascondiglio in cui si trovavano Pola e suo figlio di 6 anni, mentre Konstantina è stata arrestata in una casa vicina.

Separato da sua madre con la forza, Lambros-Viktoras Maziotis Roupas — figlio dei membri di Lotta Rivoluzionaria Nikos Maziotis e Pola Roupa — viene tenuto prigioniero in un ospedale pediatrico e sorvegliato dalla polizia (!), senza aver diritto di vedere i parenti più stretti e nemmeno il rappresentante legale dei genitori.

Le autorità greche, e in particolare il pubblico ministero minorile, la s.ra Nikolou, continuano a rifiutare di affidare il bambino ai parenti di primo grado di Pola Roupa.

In risposta a questo, tre membri di Lotta Rivoluzionaria — il prigioniero anarchico Nikos Maziotis, la compagna Pola Roupa, ricatturata, e la nuova arrestata Konstantina Athanasopoulou — hanno intrapreso uno sciopero della fame e della sete a partire dal 5 gennaio stesso, richiedendo che il bambino di sei anni venga immediatamente affidato alla zia e alla nonna (da parte di madre).

In una lettera aperta, Nikos Maziotis dichiara, tra le altre cose: “Nostro figlio è il figlio di due rivoluzionari, ed è fiero dei suoi genitori. Non cederemo ad alcun ricatto. Difenderemo le nostre scelte con la nostra stessa vita”.

Il 6 gennaio, durante il trasferimento delle due donne alla corte di Evelpidon, Pola ha gridato: “I vermi tengono prigioniero mio figlio a Paidon (ospedale pediatrico di Atene), sorvegliato da poliziotti armati; a sei anni è un prigioniero di guerra” e: “Lunga vita alla Rivoluzione!”. Inoltre Pola ha dichiarato: “Sono una rivoluzionaria, e non ho niente di cui scusarmi.”

Qui sotto la dichiarazione di Konstantina:
“Sono anarchica, membro dell’organizzazione rivoluzionaria armata Lotta Rivoluzionaria (Epanastatikos Agonas). Gli unici terroristi sono lo Stato e il Capitale. Rifiuto di mangiare e bere qualsiasi cosa finché il figlio dei miei compagni Pola Roupa e Nikos Maziotis non verrà consegnato ai parenti.
Konstantina Athanasopoulou”

Dentro, prigionier* anarchic* e altr* detenut* in ali diverse, maschili e femminili, della prigione di Koridallos hanno organizzato una protesta unitaria rifiutando di rientrare in cella, per esigere la fine della prigionia di Lambros-Viktoras in solidarietà con i/le prigionier* di Lotta Rivoluzionaria attualmente in sciopero della fame e della sete.

All’esterno, compagn* di diverse città in tutta la Grecia hanno effettuato varie azioni in sostegno ai/lle rivoluzionar* anarchic*, chiedendo che ai parenti di primo grado di Pola Roupa vengano immediatamente garantiti il diritto di visita e la custodia del minorenne.

Forza a Konstantina Athanasopoulou, Pola Roupa e Nikos Maziotis, membri orgogliosi di Lotta Rivoluzionaria.

Lotta Rivoluzionaria non deporrà le armi e non si arrenderà ai/lle nemic* della libertà.

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[Agrinio, Grecia occidentale] Squat Apertus: Solidarietà con la lotta contro la schiavitù nelle prigioni statunitensi

sept9th-544x249Il funzionamento delle prigioni statunitensi dipende fortemente dal lavoro dei/lle prigionier* stess*, mentre molte prigioni sono ormai privatizzate. Inoltre il lavoro carcerale viene sfruttato dalle multinazionali (Honda, McDonald’s, Victoria’s Secret, Starbucks, etc.). Lo stipendio che i/le prigionier*/lavoratori-trici ricevono varia dal magro all’inesistente. In più la sorveglianza, le condizioni di detenzione inumane, la disciplina, i diversi metodi di tortura etc sono tradizionalmente la prima scelta per far funzionare senza intoppi le prigioni.

I/Le prigionier* statunitensi, che vivono e capiscono di essere sfruttati, hanno partecipato a diverse mobilitazioni nel corso di questi anni, collegando spesso le loro lotte all’oppressione delle donne e dei minori in altre prigioni, e con i/le migranti nei numerosi centri di detenzione in tutti gli Stati Uniti.

Dal 9 settembre i/le prigionier* in tutto il paese, sapendo che le strutture carcerali non possono funzionare senza di loro, hanno cominciato ad astenersi dal lavoro per mettere “fine alla schiavitù carcerale”.
La sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici nelle prigioni statunitensi non è che un anello della lunga catena della schiavitù moderna. Una catena che inizia con gli/le schiav* modern* (migranti “invisibili”), manodopera infantile, prostituzione forzata, e arriva fino alle condizioni dell’impiego stipendiato “formale” moderno (lavoratori disoccupati, precari, mercato nero, non assicurati, flessibile, a tempo determinato, etc.). Queste zone di schiavitù sono mattoni importanti del capitalismo. Gli eserciti di schiavi moderni producono quantità enormi di valore aggiunto per il capitale, presupposto della sua espansione. E gli “inferi” capitalisti delle prigioni statunitensi sono un pezzo invisibile ma enorme del puzzle capitalista. Non è una coincidenza che l’istituzionalizzazione della reclusione, fondata sulle ceneri delle “streghe” bruciate dall’Inquisizione, per disciplinare corpo e mente, coincida con l’inizio del metodo di produzione capitalista…

Nello stesso momento, le detenute della prigione di Koridallos hanno dato il via a delle proteste (dal 26 agosto 2016) denunciando il sovraffollamento e chiedendo delle condizioni di vita umane, assistenza medica completa e sostegno nutrizionale per i/le prigionier* sieropositiv*. Non possiamo far altro che essere solidali con le lotte per la dignità remunerata dei/lle prigionier* ovunque sulla Terra, considerando che la resistenza alla barbarie della reclusione è parte integrante delle lotte sociali e di classe che si svolgono ovunque.

CONTRO LA RIORGANIZZAZIONE, LE RESTRIZIONI DI SICUREZZA E LA PRIVATIZZAZIONE DELLE PRIGIONI

LA STRADA VERSO LA LIBERTÀ PASSA SULLE ROVINE DI TUTTE LE PRIGIONI

9 Settembre 2016

Squat Apertus
Spazio sociale libero Agrinio
apertus.squat.gr

in inglese

Grecia: Aggiornamenti sui compagni Kostas Sakkas e Marios Seisidis, recentemente arrestati

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Forza ai compagni Sakkas e Seisidis – Niente è finito – La lotta per la rivoluzione e l’Anarchia continua (manifesto dello squat Terra Incognita a Salonicco, Grecia)

Il 17 agosto 2016 Kostas Sakkas e Marios Seisidis sono comparsi in aula ad Atene per quel che riguarda le circostanze del loro arresto a Sparta (4 agosto).

Durante il processo, protrattosi diverse ore, c’è stata una presenza costante di compagn* in solidarietà con Marios Seisidis e Kostas Sakkas, che hanno dichiarato alla corte di essere anarchici e hanno spiegato le ragioni della loro latitanza. Hanno entrambi negato le accuse ed esposto le menzogne dei testimoni dell’accusa (3 sbirri). L’accusa ha dichiarato che, basandosi semplicemente sulle opinioni dei due accusati, le prove di un atto punibile sono sufficienti. Marios Seisidis è stato condannato a 32 mesi di prigione per aver utilizzato una carta d’identità falsa e delle false targhe d’immatricolazione, aver rubato una macchina e resistenza a pubblico ufficiale; Kostas Sakkas è stato condannato a 33 mesi per lo stesso reato, e ha ricevuto una multa di 200 euro per infrazione stradale.

Atualmente Kostas Sakkas si trova nella prigione di Koridallos (Atene) e Marios Seisidis è rinchiuso nella prigione di Malandrino (Focide).

in inglese

Atene: Sentenze del secondo processo contro Lotta Rivoluzionaria

Il 3 marzo 2016, la corte della prigione di Koridallos ha emesso la sentenza per tutti gli accusati nel secondo processo contro Lotta Rivoluzionaria a proposito dell’attacco con un’autobomba contenente 75kg di esplosivo contro la Direzione di Vigilanza della Banca di Grecia nel centro di Atene il 10 aprile 2014; della sparatoria a Monastiraki il 16 luglio 2014 (in cui il compagno Nikos Maziotis venne ferito e ricatturato dalla polizia); e l’espropriazione di alcune agenzie bancarie.

Il membro di Lotta Rivoluzionaria Nikos Maziotis è stato condannato all’ergastolo più 129 anni e una multa di 20.000 euro.

Il membro (latitante) di Lotta Rivoluzionaria Pola Roupa è stata condannata a 11 anni di prigione per reati minori (se arrestata, dovrà affrontare un processo con accuse più gravi).

Antonis Stamboulos è stato condannato a 13 anni di prigione.

Giorgos Petrakakos è stato condannato a 36 anni di prigione più una multa di 9.000 euro.

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[Trento] La potenza di un incompiuto

Postfazione dell’opuscolo “DICEMBRE NON È FINITO A DICEMBRE…” (raccolta di testi sulle lotte in Grecia in occasione dell’incontro del 13 dicembre 2015 alla Nave Assillo Occupata):La potenza di un incompiuto

La Grecia, fra il 2008 e il 2013, è stata attraversata dal conflitto sociale più intenso e più duraturo che abbia toccato un Paese europeo da parecchi anni a questa parte.

Per descrivere e comprendere quel ciclo di lotte, almeno nelle sue linee essenziali, ci vorrebbe un intero libro. Se materiali e riflessioni sulla rivolta generalizzata del dicembre 2008 sono circolati in Italia, si deve registrare invece una notevole carenza per il periodo successivo, soprattutto in termini di “bilancio” e di riflessione. Carenza tanto più grave in quanto il calderone greco è, per gli anarchici, una fonte ricchissima di questioni rivoluzionarie da approfondire.

L’impasse che trattiene e divide da tempo compagne e compagni è frutto di quel senso di incompiuto che segue i periodi di assalto al cielo, ma forse anche dello scarso confronto critico sulle prospettive, sui metodi, sui mezzi con cui quel ciclo di lotta è stato affrontato.

Non vi rimedieremo certo noi con qualche nota. Tuttavia, come anarchici e internazionalisti, sentiamo l’esigenza e l’urgenza di non limitarci a raccogliere contributi, ma di farne un arsenale teorico e pratico per il presente e per il futuro.

I pochi testi raccolti in questo opuscolo sono di per sé sufficienti per cogliere, sia pure a pennellate, il contesto di cui sono espressione e il senso del possibile che contengono.

Le misure repressive – dalle leggi cosiddette antiterrorismo alla detenzione speciale – si inseriscono in quel contesto, e si renderebbe un ben magro servizio ai compagni e alle compagne colpiti dallo Stato per le loro pratiche di rivolta facendo della solidarietà contro la repressione un terreno separato dalla più ampia prospettiva di sovvertire la società.

Come spesso accade, ciò che si verifica dopo l’entusiasmo incendiario di quasi cinque anni di scioperi selvaggi, di sommosse, di espropri, di attacchi, di scontri con tutti i servitori dell’ordine statale illumina a ritroso elementi importanti trascurati prima e durante la battaglia.

Quel ciclo di lotte, che ha anticipato e accompagnato i moti insurrezionali che hanno attraversato il Mediterraneo e le sommosse che hanno rotto la pace sociale in Scandinavia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in Italia, in Turchia (per rimanere in Europa), ha prodotto in ambito rivoluzionario degli effetti su cui è fondamentale riflettere.

Da un lato, una generazione di giovani compagni cresciuti in fretta con una noteveole disponibilità allo scontro (il coraggio è fatto anche dell’aria che si respira) e un’acuta coscienza della posta in gioco. Dall’altro, la frammentazione di desideri e di pratiche che prima convivevano nella stessa comunità di lotta.

Se ogni esperienza storica ha le sue specificità e i suoi slanci creativi, nei momenti di riflusso ci sono anche delle costanti. Vediamone alcune.

Una parte di compagni riconduce i limiti dell’intervento anarchico alla mancanza di un’organizzazione, che deve essere unitaria, forte, riconoscibile, formale (con tutte le differenze del caso, era la stessa lettura che davano Makchno e Archinov dopo il 1921 in Russia).

Una parte di compagni cede all’illusione che scendere a patti momentaneamente con alcuni settori della classe dominante faccia guadagnare spazi di agibilità (ci riferiamo al fatto che non pochissimi libertari hanno votato per Syriza).

Una parte di compagni, delusi e disgustati da atteggiamenti rinunciatari, compromissori o “accentratori”, accentua l’importanza dell’aspetto “militare” dello scontro con il potere, di cui declina poi in questa o in quella maniera i modi organizzativi.

Il dibattito ristagna e le posizioni si polarizzano. Non c’è invito ecumenico che tenga. Il solo modo di uscirne è precisare le prospettive e riconoscere, a partire da quelle, le affinità e le divergenze.

Nel frattempo, si perdono le occasioni.

Per fare un esempio, il testo di Maziotis è stato, a nostra – sicuramente parziale – conoscenza, uno dei pochi contributi usciti su Syriza-referendum-memorandum, una situazione che potenzialmente riapriva una partita che lo Stato cercava di sigillare, e la rilanciava su un piano ancora più alto.

Non vorremmo cedere agli anacronismi dei paralleli storici, ma quella situazione – in un contesto in cui quasi tutto il ciclo internazionale di lotte 2011-2013 si stava chiudendo – meritava un’analisi e un intervento rivoluzionari non tanto diversi, almeno per complessità e portata, di quelli proposti da Bakunin di fronte alla guerra franco-prussiana del 1870-1871.

Davanti all’avanzata delle truppe di Bismarck e alla proclamazione della Repubblica in Francia, Bakunin scrive alcune delle sue pagine migliori.

Il ragionamento del rivoluzionario russo è dettagliato e allo stesso tempo essenziale ai fini della propaganda (la propaganda è anche semplificazione, è anche retorica). Ridotta all’osso, l’analisi-progetto bakuniniana era questa: la neonata Repubblica è incapace – per la sua natura borghese e per la corruzione dei suoi rappresentanti più noti – di salvare la Francia dalla guerra e dalla restaurazione monarchica; solo l’armamento generale del popolo può riuscirci, se il proletariato urbano si alleerà con i contadini e se insieme spezzeranno la macchina governativa. Per Bakunin – che scrive le sue lettere sette mesi prima della Comune di Parigi – la sconfitta del prussiano invasore è tutt’uno con un moto insurrezionale contro il prussiano interno (il funzionario statale, il padrone e il proprietario terriero). La federazione rivoluzionaria dei liberi Comuni è allo stesso tempo condizione e obiettivo dello “scatenamento delle passioni” e dell'”anarchia popolare”. I primi atti insurrezionali dovrebbero essere bruciare carte e titoli di proprietà, da un lato, e distribuire la terra ai contadini, dall’altro. Il tutto partendo dalle province e non da Parigi (per questo Bakunin andrà a Lione. Che il problema fosse proprio l’accerchiamento di Parigi, in assenza di sollevazioni nelle altre città, lo si vedrà sette mesi dopo con la repressione della Comune).

Fra le mille differenze di contesto storico, ci interessano qui le analogie che emergono con la situazione greca di oggi. Syriza è andata al potere con alcune promesse (e una parte della società ci ha creduto perché, se può ottenere certi risultati senza scontri e rischi, delega – nessuna sorpresa). Nel rapido e grottesco balletto elezioni-referendum-accettazione del memorandum, la cosiddetta alternativa di sinistra ha dimostrato che nessun governo può davvero rifiutare i piani della Troika e mettere significativamente le mani nella borsa degli industriali e della classe dominante. Ad arrivarci con le proposte e con le energie giuste, una situazione ideale per gli anarchici. Nelle sue linee essenziali, l’analisi di Maziotis ricalca quella bakuniniana: il governo di sinistra è un vassallo delle truppe della Troika; solo il popolo in armi può togliersi il cappio dal collo, organizzandosi in senso comunista (esproprio del capitale) e anarchico (libera federazione dei quartieri, dei comuni, dei consigli).

Alcune misure rivoluzionarie che andassero in quel senso (presa e distruzione dei municipi, espropri di ciò che la Troika e i suoi collaborazionisti stanno svendendo, autodifesa nei quartiere) avrebbero potuto diventare, con dei “proclami” adeguati, esempi a livello internazionale. E avrebbero spinto un po’ tutti a pensare in modo meno “ideologico” e separato lo stesso rapporto fra gruppi di guerriglia e prospettiva insurrezionale (cioè armamento generale degli insorti), fra movimento specifico e “popolo”, fra l’organizzazione come “bandiera” e l’organizzazione come fatto.

Se poi pensiamo che già durante lo sciopero generale del 19-20 ottobre 2011 alcune detenute si erano ammutinate in solidarietà con i manifestanti, si può intuire come lo stesso problema delle carceri speciali si sarebbe posto ben diversamente.

Cosa si possa intendere oggi per “autorganizzazione della produzione industriale” o per “consigli dei lavoratori” andrebbe precisato e approfondito. Così come l’uso del denaro nelle prime fasi di una rivoluzione, o il rapporto con la “piccola proprietà”. Ma non è questo lo scopo delle nostre note. E nemmeno quello di sottolineare le nostre divergenze su alcuni aspetti. Vogliamo solo suggerire a che livello urge ragionare oggi.

Rileggendo i testi raccolti, questi e altri problemi sono presenti, anche se sparpagliati. Non lasciamoli riposare in pace.

Forse mai come oggi utopia (cos’è l’anarchia? cos’è il comunismo libertario? come si abbatte lo Stato? come si distrugge il Capitale? cos’è l’autogestione?) e contenuti-metodi-mezzi dell’intevento quotidiano vanno pensati insieme.

La solidarietà con i compagni ostaggi del nemico è per noi anche questo: partecipare su un piano di reciprocità a elaborare le basi teoriche e materiali di un progetto anarchico, insurrezionalista, rivoluzionario.

Rovereto-Trento, 10 dicembre 2015

Prigione di Koridallos: Un testo del membro della CCF Panagiotis Argirou all’avvicinarsi della fine del processo Progetto Fenice

phoenixA TUTT* I/LE COMPAGN* I CUI GESTI MI HANNO OFFERTO DEI MOMENTI DI LIBERTÀ

“Solo nei momenti in cui la nostra tensione verso la libertà si incontra con la pratica riusciamo davvero a vivere l’anarchia, qui e ora. Sfortunatamente il sogno che portiamo nei nostri cuori è troppo grande per evitare il rischio di ritrovarci davanti al mostruoso muro dell’autorità eretto in difesa dello stato e del capitale. Quando mettiamo davvero in gioco la nostra vita, ci ritroviamo inevitabilmente ad affrontare la durezza intrinseca alla lotta: morte e prigione.”
Nicola Gai, compagno anarchico prigioniero in Italia, che si è assunto la responsabilità per la partecipazione all’attacco rivendicato dalla Cellula Olga della FAI-FRI (l’uccisione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare)

Poco prima della fine del processo del 4° caso consecutivo contro la Cospirazione delle Cellule di Fuoco, e contro di me in quanto anarchico che si è assunto la responsabilità di aver partecipato alla CCF, vorrei dire alcune cose non alla corte, ma piuttosto a tutt* i/le compagn* le cui azioni hanno dato impulso e sostanza al Progetto Fenice.

Per ovvie ragioni, tutti i membri incarcerati della CCF hanno reso onore ai compagni della Cellula Sole-Baleno (una cellula di collaborazione tra la Cospirazione delle Cellule di Fuoco e le Bande della Coscienza), un gesto che all’inizio ci è costato un’accusa per istigazione [in greco, istigazione morale] a 4 gesti del Progetto Fenice: attacco esplosivo al veicolo personale del direttore della prigione di Koridallos ad Atene, attacco esplosivo al veicolo personale di un capo dei secondini alla prigione di Nafplion, attacco incendiario in un albergo in Indonesia, e l’invio di un pacco-bomba a un ex comandante dell’antiterrorismo ad Atene.

Le autorità competenti si sono rese conto a posteriori che l’accusa di istigazione dell’attacco in Indonesia, rivendicato dall’Unità della Rabbia/Cospirazione Internazionale per la Vendetta/FAI-FRI, non avrebbe mai retto in aula, quindi quella specifica accusa venne abbandonata prima ancora di arrivare al procedimento giudiziario.

Ciò nonostante per quanto riguarda gli altri attacchi sono offeso dall’accusa di istigazione sollevata nei miei confronti, perché come anarchico disprezzo i rapporti gerarchici di ogni tipo; d’altro canto, queste accuse mi aiutano a capire che la dominazione si sente minacciata quando la guerriglia anarchica, anche da una posizione di cattività, cerca di lasciare il segno ed entra in contatto con la lotta fuori dalle mura della prigione salutando le dichiarazioni di ostilità dei/lle compagn*. La dominazione si sente minacciata quando realizza che la condizione di prigionia non è abbastanza per schiacciare l’energia combattiva dei prigionieri anarchici. Già questo è abbastanza per preparare un rinvio a giudizio per istigazione. Ma non è in ogni caso abbastanza per rovinarmi il morale e togliermi la voglia di entrare in contatto con tutt* i/le compagn* che hanno una posizione combattiva.

Quindi in occasione della fine di questo processo, vorrei salutare di nuovo i/le car* compagn* che hanno messo in moto ovunque la Cospirazione dell’Internazionale Nera degli/lle anarchic*, in tutta la Terra, attraverso tutti gli attacchi rivendicati come parte del Progetto Fenice: dal Cile alla Russia, e dalla Germania all’Indonesia.

Così, invece di un’apologia davanti ai giudici, dall’interno della mia cella scelgo di mandare un abbraccio infuocato a tutt* quell* che hanno optato per l’attacco e che hanno armato l’Anarchia con fuoco e polvere da sparo.

Ogni singola attività, ogni singolo gesto mi ha dato forza e ha illuminato il mio cuore con la fiamma dell’insurrezione anarchica.

Dal paese della cattività sento vicino ogni singol* compagn* che dalle trincee dell’attacco cospirativo ha indebolito in ogni modo possibile la normalità sociale.

Lo slancio che si è manifestato col Progetto Fenice ha lasciato un’eredità significativa che, studiandone l’impatto, mi ha fatto rendere conto delle nuove prospettive di lotta che si schiudono all’Anarchia quando supera frontiere e distanze e sceglie di scontrarsi frontalmente con la dominazione sulla base di un’Organizzazione Informale.

È stato uno degli elementi fondamentali che mi hanno spinto a contribuire ancora a una proposta per una nuova posizione nella lotta anarchica attraverso l’appello a un Dicembre Nero, un appello che ho lanciato insieme al compagno anarchico Nikos Romanos.

Credo che le prospettive che si sono aperte grazie al Progetto Fenice e la coordinazione informale dell’azione diretta internazionale possano evolversi in qualcosa di più minaccioso per il Potere se incontrano il resto della gamma delle pratiche anarchiche, componendo un mosaico di azioni anarchiche multiformi mondiali che si ergeranno costantemente contro il Potere.

Così tutto quello che ho da dire alla vostra Giustizia è che moralmente, politicamente e per quanto riguarda i valori mi ritrovo con tutto il mio cuore in ogni attacco anarchico contro la dominazione. Se vi va potete accusarmi di istigazione alla perpetua guerra anarchica contro ogni forma di Potere, come io vi accuso di istigazione di ogni atto di barbarie autoritaria firmato in nome della Giustizia. Niente mi darebbe maggiore soddisfazione che l’ottima notizia che una pallottola è stata piantata nella vostra testa come ricompensa per la vostra vita miserabile.

Lunga vita al Progetto Fenice

Lunga vita al Dicembre Nero

Lunga vita alla Coordinazione Informale dell’Azione Anarchica Multiforme in tutto il mondo.

Panagiotis Argirou
membro della Conspirazione delle Cellule di Fuoco FAI/IRF

[24 dicembre 2015]

[Prigioni greche] Nikos Romanos: “Requiem per un viaggio di non ritorno”

alexandros-grigoropoulosQui di seguito il prigioniero anarchico Nikos Romanos fa un resoconto dei fatti che hanno preceduto l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos il 6 dicembre 2008.

Ricevuto il 30 novembre 2015:

Requiem per un viaggio di non ritorno

Oggi parlerò di quello che dovrebbe essere considerata come un’autentica testimonianza dell’anima alla memoria rivoluzionaria. La testimonianza della mia anima a proposito di un incidente che è diventato il detonatore per l’intensificarsi dell’attacco armato ai palazzi d’inverno del Potere; un incidente che ha contribuito in maniera decisiva a creare un punto di non ritorno per chi ha preso le armi e riempito le valigie di sogni e speranza per un mondo di libertà. Anch’io ho preparato quella stessa valigia col mio odio, un po’ di vestiti e qualche souvenir, e ho lasciato per sempre casa mia [nell’aprile del 2010] un giorno prima che la polizia venisse a cercarmi, ammanettarmi e portarmi in tribunale per deporre al processo degli sbirri-assassini. Ho tagliato i ponti con la mia vita passata, e mi sono unito alle fila della lotta anarchica clandestina. Avevo sedici anni, ma ero pienamente consapevole delle mie azioni, e sebbene avessi una statura morale ben maggiore di quei/lle ridicol* smidollat* sedut* in aula, sapevo che il momento di dire tutto quello che andava detto non era ancora arrivato, non era il momento giusto, e non ero realmente pronto a liberarmi di un tale peso storico. Ecco perché ho preferito restare in silenzio e dedicarmi alla guerra contro il Potere, la stessa guerra in cui, sette anni dopo, mi ritrovo prigioniero, pur mantenendo la stessa posizione combattiva. Ora mi libero di questo peso storico, che ho temporaneamente evitato ma cui non ho mai rinunciato di occuparmi.

Il processo [in prima istanza] cui ho rifiutato di assistere, ma anche il processo di appello che seguirà, cerca di mettere fine – nella forma di una ratifica istituzionale – a un aspetto della storia sovversiva, un aspetto che disonora la democrazia rivelando l’odore di morte che trascina con sé. Questo aspetto specifico – parte integrante di una storia che continuerà a esistere finché gli/le oppress* si ergeranno contro i/le loro oppressor* – si è rivelato la sera del 6 dicembre 2008 all’incrocio di via Messolonghiou e via Tzavela, a Exarchia.

Quello che sto per dire non lo dico assolutamente per facilitare il meccanismo giudiziario a emettere un futuro verdetto equo. Non credo nelle leggi né nelle corti, né nelle prigioni che appaiono minacciose a disciplinare chi devia dall’ordine legale, seppellendol* vivi tra cemento e sbarre.
Ho il coraggio di credere nella forza degli essere umani liberi, nella possibilità della loro auto-determinazione in un mondo di subordinazione universale, nella prospettiva della rivoluzione anarchica e la pratica dell’insurrezione anarchica permanente.

Comincerò il mio racconto con la prospettiva di rivolgermi alla storia, restare degno davanti a lei, contribuire alla creazione di un’eredità incontaminata che non macchierà la memoria dei/lle nostr* mort*, e mandare un segnale di guerriglia a chi è interessato a diventare un attore che plasmerà il proprio sviluppo di conseguenza. Con lotta costante, con tutti i mezzi, con la passione per la libertà e odio per chi mantiene il nuovo ordine delle cose, dipinto col sangue di chi ha resistito alla sua onnipotenza.

Il canto del cigno per la mia amicizia con Alexandros inizia…

Alexandros e io ci siamo conosciuti a scuola, e abbiamo cominciato a passare un sacco di tempo insieme, dato che vivevamo relativamente vicini. Era una persona che detestava la rispettabilità e l’ipocrisia dominanti nel nostro ambiente scolastico. Era sempre alla ricerca di un modo per evadere da questa condizione, ed è così che ci siamo trovati. Ci siamo conosciuti meglio bigiando la scuola, per evadere dalla routine della noia scolastica, vagando per ore ed esplorando parti della città che ci erano sconosciute, parlando e discutendo tutti i giorni di tutte le cose che ci lasciavano perplessi. Man mano che il tempo passava, abbiamo continuato a camminare su sentieri di ricerche sempre più vaste e forti interrogativi sul mondo che ci circondava.

Verso i 14 anni ci siamo accorti per la prima volta degli anarchici; ci piaceva guardare in tv i filmati degli scontri fra i dimostranti e la polizia; alla nostra comprensione ancora immatura, che avevamo appena cominciato a formare, sembrava un modo di resistere all’ingiustizia quotidiana delle ineguaglianze sociali. Peraltro per noi che passavamo le giornate nei parchi e nelle piazze non era difficile detestare la polizia – anche istintivamente, potremmo dire. Avevamo visto gli sbirri umiliare dei/lle migranti nel centro di Atene; eravamo stati testimoni di quanto trattassero male tossicodipendenti e senza-tetto. Naturalmente sono cose che chiunque può vedere semplicemente passeggiando nel centro di Atene. La contraddizione che stavamo vivendo veniva fuori quando vedevamo gli sbirri chinarsi e leccare i piedi dei ricchi dove vivevamo [uno dei quartieri più agiati nella parte nord di Atene]. È stato allora che abbiamo davvero capito che razza di vermi ipocriti e vigliacchi fossero tutti quanti.

Così abbiamo deciso di andare insieme a una manifestazione [in centro] per vedere da vicino quello che fino a quel momento avevamo osservato da lontano e per cui avevamo sviluppato un vivo interesse. Ed è quello che abbiamo fatto. Ricordo che la prima marcia cui ci siamo uniti è stata quella del 17 novembre [manifestazione annuale che commemora la rivolta del Politecnico di Atene del 1973] del 2007, dove ci sono stati degli scontri con la polizia cui abbiamo partecipato anche noi. Naturalmente ai tempi eravamo un po’ esitanti, seguivamo e imitavamo semplicemente le persone che affrontavano la polizia. Abbiamo visto da vicino gli sbirri antisommossa della MAT picchiare selvaggiamente delle persone a caso, abbiamo sentito l’asfissia causata dai lacrimogeni, e abbiamo assistito per la prima volta alla repressione poliziesca delle manifestazioni. Finita la marcia siamo andati a Exarchia, siamo rimasti fino a tardi a discutere degli eventi con una sorta di entusiasmo per quello che era appena accaduto; l’entusiasmo che sentono tutte le persone quando cominciano a entrare in contatto con la parte autentica della vita.

Un punto di riferimento importante per entrambi fu la manifestazione antifascista che si è svolta il 2 febbraio 2008. Era il giorno in cui Alba Dorata aveva organizzato un raduno per Imia [commemorazione nazionalista del conflitto del 1996 tra Grecia e Turchia a proposito dell’isolotto di Imia/Kardak nel Mar Egeo], e gli anarchici avevano chiamato a una contro-manifestazione per scontrarsi con i fascisti.

C’eravamo anche noi e abbiamo visto i fascisti avanzare da dietro le linee delle squadre antisommossa per accoltellare i compagni; abbiamo visto come quei porci della polizia coordinavano le loro cariche con i fascisti. Abbiamo visto compagni accoltellati, fascisti attaccati dai compagni con asce e bastoni di legno. E, non dimentichiamolo, quelli che erano in prima linea fra i fascisti ora fanno parte del parlamento greco – sto parlando di Elias Panagiotaros, Yannis Lagos ed Elias Kasidiaris, prima che rinnegassero il loro passato e invocassero legalità e democrazia.

Una volta finiti gli scontri coi fascisti e la polizia, ci siamo barricati all’interno del Rettorato [dell’Università di Atene ai Propilei, in via Panepistimiou] e abbiamo aspettato lì fino a tardi; poi abbiamo lasciato l’edificio tutti insieme in manifestazione. Manifestazione che è stata attaccata dalla polizia non appena siamo arrivati in strada, e ci sono stati fermi, arresti e feriti.

Da quel giorno siamo andati a Exarchia quasi tutti i giorni e abbiamo cominciato a prendere contatto con altri che frequentavano il quartiere. Abbiamo cominciato a leggere riviste e volantini anarchici, a dare un’occhiata ai siti di contro-informazione, frequentare squat come quello di Villa Amalias [ora sgomberato] e di Prapopoulou. Nello stesso periodo abbiamo partecipato a tutte le manifestazioni a proposito delle riforme previdenziali e alle proteste degli studenti universitari contro la famosa Legge Quadro [per l’educazione superiore], motivati unicamente della prospettiva degli scontri e dei disordini nelle strade, cui ci univamo ogni volta più volentieri e più determinati.

E allo stesso tempo, con altr* student*, avevamo creato un collettivo anarchico chiamato «attacco anarchico degli studenti» e abbiamo tenuto delle assemblee sulla scuola e il ruolo dell’educazione in riferimento al funzionamento della macchina sociale.

Mi ricordo anche che, qualche giorno prima del 17 novembre 2008, avevamo partecipato a un attacco contro la Gioventù del PASOK, che quel tempo aveva gli uffici a Exarchia. Lo scontro durò un buon momento, perché i membri del PASP [sezione studentesca del PASOK] avevano assunto un gruppo di buttafuori per proteggersi – esattamente come avevano fatto gli anni precedenti durante le manifestazioni del 17 novembre, in cui i loro sgherri avevano in realtà attaccato i blocchi anarchici. Quindi in sostanza il confronto non era con la Gioventù del PASOK ma con i buttafuori che sorvegliavano i loro uffici. Alla fine siamo riusciti ad arrivare agli uffici, e quelli che non si erano chiusi dentro hanno avuto quello che si meritavano. Di conseguenza, uno studente del PASP che teneva la bandiera [nazionale insanguinata] del Politecnico ha un braccio rotto in tutte le foto che hanno decorato le prime pagine dei quotidiani il giorno dopo.

Un altro incidente che ripesco tra i miei ricordi è un presidio di solidarietà al tribunale di Evelpidon [nel luglio 2008] per gli anarchici allora in carcere [Marios] Tsourapas e [Chrysostomos] Kontorevythakis, processati per un attacco incendiario [di una pattuglia] alla sede della polizia municipale. Finita la seduta, i/le solidari* che avevano assistito all’udienza si sono incamminat* a piedi verso Exarchia. All’altezza del parco Pedion tou Areos, è scoppiata una rissa con due sbirri dell’unità motorizzata Z, e sono stati presi i caschi che avevano lasciato sulle moto. Durante la rissa gli sbirri avevano estratto le pistole e sparato diversi colpi non solo in aria ma anche sulla folla per costringerci a scappare.

Fotogramma successivo nella narrazione è quella maledetta sera del 6 dicembre. Ero seduto con Alexandros e altri ragazzi nella via pedonale di Messolonghiou, come quasi ogni giorno.

Dopo un po’ è arrivato un compagno che ha suggerito di andare in via Charilaou Trikoupi ad aspettare che passasse una pattuglia per gettare le pietre che aveva raccolto. Siamo andati con lui e abbiamo aspettato mentre Alexandros era rimasto un po’ indietro. Poco dopo è passata una pattuglia, con Korkoneas e Saraliotis all’interno.

Allora non sapevo che la pienezza del tempo era venuta per tutti noi; era il momento che avrebbe cambiato tutto. La clessidra della vita è stata girata nel momento in cui una pietra ha colpito la vettura di Korkoneas. Siamo tornati indietro a sederci nella via pedonale con gli altri, mentre Korkoneas e Saraliotis sono passati con la pattuglia da via Zoodochou Pigis per vedere chi li aveva attaccati; a quel punto abbiamo gettato qualche oggetto alla pattuglia; dopo averci gettato un’occhiata, si sono allontanati, hanno parcheggiato la vettura accanto alla squadra antisommossa delle MAT che sorveglia gli uffici del PASOK, e sono tornati a piedi all’incrocio fra Tzavela e Zoodochou Pigis.

Quando abbiamo visto avvicinarsi gli sbirri ci siamo alzati per andar via, perché pensavamo che con loro ci fosse la squadra antisommossa, come capita di solito. In quel momento i due sbirri hanno cominciato a insultarci ed è allora che ci siamo accorti che erano venuti da soli, senza rinforzi. Quindi alcuni di noi sono avanzati verso di loro, e Alexandros, che era davanti, ha lanciato qualche bottiglia di birra che stavamo bevendo. Dopo pochi secondi, Korkoneas ha estratto la pistola e concluso con le pallottole lo scontro che era iniziato solo poco prima.

Una pallottola nel cuore di Alexandros per chiudere il cerchio dell’onnipotenza della macchina statale. Una macchia di sangue nella via pedonale Messolonghiou per aprire il cerchio di ribellione che ha distrutto l’ordine legale e seminato caos e anarchia in tutte le città greche.

Logicamente gli avvocati della difesa hanno cercato, e cercheranno, di sostenere che è stato un caso sfortunato, una pallottola di rimbalzo, un incidente isolato. Dal mio punto di vista, per quanto possa suonare contraddittorio, fa comodo anche a me – ovviamente sul piano giudiziario più che politico. Non credo nell’istituzione del carcere, lo considero uno degli strumenti dell’orrore, democraticamente amministrato in dosi, che la dominazione ha a sua disposizione per assicurarsi una tranquilla riproduzione.
Credo nel diritto rivoluzionario di prendere la legge nelle proprie mani e nello sforzo di tutti di regolare i propri conti da soli, lontano dalla mediazione di sbirri, giudici, leggi, prigioni, la repressione scientificamente pianificata, la bruttezza tecnocratica che macchia la bellezza dell’istinto selvaggio e della libera volontà. Di conseguenza per me gli sbirri-assassini meritano la probabilità caotica della prospettiva che venga fatta vendetta per tutte le anime perdute che cercano la propria salvezza violenta. Questa è l’unica giustizia nel mio sistema di valori.

Inoltre noi non torturiamo le persone come fa sistematicamente la civilizzazione autoritaria contemporanea – la più grande mostruosità nella storia del genere umano, che è persino riuscita a normalizzare la morte e mette le parole e i significati al servizio della propria dominazione attraverso i meccanismi di propaganda dei centri d’informazione globale sempre imparziali.

Perché tutti noi, nemici del Potere, possiamo accettare la prigione o persino la morte come possibile eventualità, ma non abbiamo mai accettato l’esistenza della morte come una nuova storia nella realtà virtuale con cui veniamo bombardati.

La cosa più ridicola è il fatto che i meccanismi di propaganda della dominazione cercano di ritrarre gli omicidi commessi dagli sbirri come incidenti isolati causati da personalità disturbate, come incidenti che accadono sempre a causa di negligenza.

Gli omicidi della polizia non sono né casi isolati, né un fenomeno greco. Sono la manifestazione estrema dell’imposizione democratica sui margini sociali, i poveri diavoli, i delinquenti, i disobbedienti, i migranti. Inoltre, gli omicidi commessi dalla polizia confermano che la guerra di liberazione esiste, ogni volta che prendono di mira i ribelli che prendono le armi e combattono la dominazione con le fiamme della libertà che ardono nei loro cuori.

Questi omicidi sono la logica conseguenza della percezione che gli sbirri hanno del loro ruolo, percezione con cui questi individui vengono indottrinati per far parte della macchina repressiva che protegge il buon funzionamento della macchina sociale.

Le armi da fuoco della polizia non sparano con intenzioni omicide solo in Grecia; uccidono dei 15enni in Turchia perché partecipavano a delle manifestazioni contro il governo, uccidono dei 16enni in Italia perché non si sono fermati a un blocco stradale della polizia, assassina madri e figli in Palestina, assassinano decine di afro-americani negli Stati Uniti per motivi puramente razzisti, uccidono migranti nelle periferie svedesi, uccidono dei giovani nei quartieri più poveri del Regno Unito; uccidono ripetutamente e in serie in tutti gli angoli del pianeta per imporre la pace sociale.

E se gli esempi che ho citato sono conosciuti perché collegati a rivolte su piccola o grande scala in reazione agli omicidi di stato, non smettono per questo di essere una semplice goccia nell’oceano in confronto alla tempesta di giri di vite assassini lanciati dai corpi di sicurezza in difesa della dominazione capitalista.

Se chiudiamo occhi e orecchie al flusso incessante della propaganda dominante, saremo in grado di sentire le migliaia di morti anonime nelle stazioni di polizia, le zone di frontiera marittima e terrestre, i campi di concentramento, le istituzioni psichiatriche e le prigioni, le zone di guerra in Medio Oriente, le fabbriche sfruttatrici che sterminano gli schiavi dei nostri tempi. Chiunque può udire le grida delle persone che vengono torturate nelle celle della polizia, che si suicidano per disperazione in una struttura di reclusione, che vengono affondati dagli sbirri della guardia costiera e annegati nelle gelide acque del Mediterraneo, che mutilano il proprio corpo sulle macchine di produzione delle multinazionali nei paesi del Terzo mondo, che vengono seppelliti sotto le macerie dai bombardamenti aerei condotti alla cieca dagli imperi capitalisti.

Di conseguenza, tutti i discorsi politici che attualmente ruotano attorno al valore della vita umana sono, di fondo, ipocriti e profondamente offensivi.

Da parte nostra, abbiamo un approccio molto diverso su quello che è normalmente accettabile e sul valore della vita umana, in confronto a come questi concetti sono definiti dalla norma dominante.

Non crediamo che sia normale accettare che le persone nelle società occidentali mangino apatici davanti alla TV, guardando operazioni di guerra in cui i territori del terzo mondo sono bombardati alla cieca. Crediamo invece che sia normalmente accettabile trasporre questa guerra all’interno dei centri urbani, provocando un costo politico agli interventi assassini dei superpoteri dominanti.

Non crediamo che sia normalmente accettabile che dei civili vengano bombardati come strategia di guerra degli stati per abbattere il morale dei popoli in resistenza come quello della Palestina. Crediamo invece che sia normalmente accettabile colpire con ogni mezzo quei soldati, più o meno esperti, che vengono impiegati nelle operazioni militare contro i civili.

Non riteniamo che sia normalmente accettabile che tutto questo venga presentato come un intervento umanitario dei superpoteri dominanti per assicurare la pace. Non troviamo che sia normalmente accettabile che l’intero mondo civilizzato pianga lacrime di coccodrillo per i morti in Francia, mentre quegli stessi stati e i loro servizi segreti – che con i loro interventi annegano nel sangue intere popolazioni – hanno chiaramente istruito, armato e finanziato il mostro chiamato Islamofascismo per servire i loro interessi; mostro che, come è già capitato spesso in passato, è diventato autonomo e si rivolta contro i propri benefattori una volta acquisito il potere.

Non pensiamo che sia normalmente accettabile che gli avvoltoi delle lobby finanziarie saccheggino le ricchezze in risorse naturali di paesi destabilizzati in nome della pace e della crescita.
Ma pensiamo che sia normalmente accettabile attaccare con ogni mezzo possibile i padroni, i funzionari di stato, i banchieri, chi detiene posizioni di potere politico ed economico, chi si arma per proteggere la pace sociale assassina, i rappresentanti della magistratura, i dirigenti delle multinazionali, tutte le persone e le infrastrutture che mantengono e riproducono un sistema responsabile per tutta la bruttezza che esiste su questa terra.

Queste sono differenze che non possono essere superate ma che possono soltanto scontrarsi fino alla fine; costituiscono l’evoluzione dell’insurrezione e della controinsurrezione, così come le dialettiche avanzate sviluppate in ognuno dei due campi.

Per quanto ci riguarda, questo crea uno spazio vuoto tra gli ambiti in cui il controllo sociale è organizzato e sbocciano i fiori insanguinati dell’apatia, un vuoto pericoloso che mira a schiacciare l’oppressione organizzata e la violenza del Potere, il fattore imprevedibile, l’errore statistico nei diagrammi dei tecnocrati, l’ospite non invitato sotto forma di nemico interno che si organizza e si arma per colpire i nemici della libertà.

Questa è l’insurrezione anarchica permanente, e la sua filosofia contagia il tessuto autoritario, diffondendo l’anarchia nelle metropoli del capitalismo.Ed è evidente che non si arrende e non batte in ritirata, ma è solo dispiegata altrove per attaccare ripetutamente. Perché rischiare il tutto per tutto non è una frase inoffensiva dipinta su un muro, ma il significato che riassume le vite di quei/lle compagn*, di questi e altri tempi, che sono cadut* combattendo contro il nemico. Ecco perché l’insurrezione anarchica continua continuerà a prendere d’assalto la dominazione finché l’ultimo autoritario non verrà impiccato con le budella dell’ultimo burocrate.

Quindi torniamo al punto in cui le minoranze combattive rovesciano la produzione di massa di conclusioni deterministiche, in cui tutto è possibile, in cui le intrusioni non annunciate nel territorio occupato dal Potere affliggono la sua supremazia militare e politica.

Perché parlare di anarchia non è abbastanza se non ci si assicura della sua sopravvivenza attraverso azioni contro lo stato, il capitale, la società e la sua civilizzazione; perché l’anarchia sarà sempre una guerra senza limiti contro la probabilità dettata dagli “esperti”.

Per me, questo è sempre stato la posta in gioco in questo conflitto; era, è e sarà l’unica fonte solida per l’analisi della storia.

Alexandros è ormai parte integrante di questa storia; non posso dire quello che sarebbe diventato se le cose fossero andate diversamente; “e se invece” non è nient’altro che il demone interiore del ferito. Ma posso dire chi era Alexandros finché non è caduto ucciso dalle pallottole di quello sbirro. Nella sua breve ma avventurosa vita ha vissuto in maniera autentica; era un giovane ribelle, affascinato dall’idea dell’anarchia, come chi occupa in questi gioni le stradine della città, lancia molotov agli sbirri, e incendia le pattuglie; era indisciplinato e testardo; una persona sincera con un animo gentile e altruista in qualunque cosa facesse. Era una persona che viveva intensamente passioni e frustrazioni.

Ha amato ed è stato amato da molti compagni, e sarà sempre un punto di riferimento per molte persone, la maggior parte delle quali sono ora detenute nelle prigioni della democrazia. E può non essere più con noi, ma so che continua a progettare ribellioni su piccola e grande scala con i nostri morti , Mauricio [Morales], Carlo [Giuliani], Sebastián [Oversluij], Michalis [Kaltezas], Lambros [Foundas], Christos [Tsoutsouvis] e dozzine di altre persone meravigliose che sono partite lasciando i loro sogni irrealizzati.

Alla domanda che potrebbe essere giustamente posta – perché tutto questo doveva essere detto proprio ora – la risposta è semplice.

Nel contesto attuale, in cui la velocità del tempo storico è deragliata, in cui i fatti vengono facilmente slegati dalle circostanze che li hanno visti nascere, in cui la realtà viene alterata dalle lenti deformanti di addetti stampa di ogni tipo, in cui la vita di tutti i giorni è plasmata secondo l’immagine che ricade sulle teste della gente dal mondo digitale, mantenere viva la memoria rivoluzionaria, rendere noti tutti i suoi aspetti senza abbandonare niente all’oblio, cosa che può soltanto favorirne l’alterazione, è una necessità.

Con l’apertura di nuovi circoli di esperienze radicali, non c’è un modo migliore di riprendere l’insurrezione anarchica che collegarla con il punto in cui è stata ravvivata. Perché è una supposizione comune che una parte della generazione di anarchici, con i loro piccoli e grandi disaccordi, che si sono armati dopo la rivolta del dicembre 2008, e sono ora rinchiusi nelle celle delle prigioni greche, ha come punto di partenza le notti in cui i ribelli erano dietro le barricate e l’anarchia ha respirato tra i simboli danneggiati del Potere.

Dato che le nostre esperienze sovversive si allontanano dall’ambito dei nostri eventi personali nella routine della nostra prigionia, cerchiamo di creare un punto di contatto e, allo stesso tempo, il punto di partenza di un nuovo viaggio. Un punto di contatto con le nostre origini storice e politiche, un nuovo punto da cui partire in cui i ribelli si incontreranno fra loro, e non prenderanno le strade di tanto in tanto, ma contribuiranno piuttosto alla creazione di una piattaforma informale di coordinamento e azione all’interno dell’anarchia; in cui la strategia chiami alla permanenza della rabbia, in cui la dialettica rivoluzionaria chiami a un impegno appassionato nei confronti della lotta di liberazione.

Perché Dicembre Nero non è la messa in scena di una ripetizione di gesti insurrezionali passati, ma piuttosto un circolo di lotta che unisce il passato al presente, alla ricerca di un futuro in cui la nostra vita di tutti i giorni sarà sommersa di atti di attacco e ribellione contro il Potere.

Perché, nonostante i nostri corpi siano incarcerati tra mura e sbarre, le nostre anime si trovano in ogni parte del pianeta in cui vengono innalzate le bandiere della resistenza per un mondo di libertà. Perché i nostri cuori continuano ostinatamente a battere al ritmo della libertà selvaggia, accanto ai compagni del Movimento Insorto Anarchico in Brasile, che, a loro volta, hanno lanciato l’appello al Dicembre Nero dopo aver appiccato il fuoco a delle filiali di banche, accanto alle cellule della FAI e i gruppi di compagni guerriglieri che vanno all’offensiva, accanto ai combattenti per la libertà che combattono l’Islamofascismo nel territorio del Rojava, accanto ai compagni anarchici che rischiano le loro vite con abnegazione per aiutare alla ricostruzione di Kobanî, accanto ai rivoltosi in Gran Bretagna la cui rabbia si manifesta violentemente, spezzando il controllo sociale soffocante, accanto agli anarchici spagnoli colpiti dalle operazioni anti-anarchiche dello stato spagnolo, nelle strade del Cile, in cui i ribelli si scontrano con gli sbirri e fanno saltare le stazioni di polizia, nelle piazza turche, in cui i nostri compagni hanno pagato con le loro vite il conflitto con lo stato-mafia di Erdoğan, accanto ai compagni in Belgio che appiccano fuochi di distruzione nelle strade di Bruxelles. Nonostante le distanze la nostra lotta è comune, e condividiamo la stessa gioia e gli stessi dolori con tutte le persone che diffondono il veleno della libertà nel tessuto sociale autoritario.
Ed è qui che metto fine a questo racconto.

Questo era Alexandros e questo sono io. Non mi pento di niente e credo ancora che l’unica scelta dignitosa al giorno d’oggi sia quella della lotta sovversiva multiforme per l’anarchia. Per tutte le ragioni del mondo, il confronto tra il mondo della libertà e il mondo dell’asservimento continuerà fino alla fine.

Onore eterno a chi è stat* ucciso nella lotta per la liberazione!

Per un Dicembre Nero!

Per l’offensiva anarchica contro il mondo del Potere!

Solidarietà e forza a tutt* i/le prigionier* anarchic*!

Lunga vita all’Anarchia!

Nikos Romanos

 

PS. Per mettere fine alla presa in giro di questi ultimi giorni a proposito di un emendamento sui permessi educativi, la cui bozza sarebbe stata presumibilmente presentata dalla banda di pagliacci di SYRIZA per “avvantaggiarmi personalmente”, lasciatemi giusto chiarire che per i tre anni in cui mi sono ritrovato in prigione non ho mai messo piede all’esterno, e non sembra probabile che accada, visto che è evidente che non mi sarà concesso alcun permesso da nessun pubblico ministero, che si chiami Nikopoulos o Perimeni. Quindi i trucchi della comunicazione di SYRIZA sono ben studiati per coltivare  un’impressione positiva tra i votanti di sinistra che rimangono loro, senza rischiare, dato che il processo del caso in cui appaio come accusato [cioè in attesa di sentenza; che per le autorità è la “giustificazione speciale” per respingere tutte le richieste di permessi educativi] si concluderà comunque fra un mese; ma l’amministrazione carcerale mi ha fatto chiaramente capire che continuerò a ricevere decisioni negative finché continuerò a rilasciare dei testi e “disturbare” dall’interno – cosa che continuerò a fare, perché non intendo fare alcuna concessione sulle mie posizioni.

in inglese, greco

Grecia: striscione per un Dicembre Nero esposto da anarchici nell’ala A della prigione maschile di Koridallos

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Lo striscione dice: PER L’OFFENSIVA ANARCHICA CONTRO LA MACCHINA SOCIALE – DICEMBRE NERO 2015

Per la rivolta anarchica permanente!
Tutti nelle strade infuocate!

– anarchici dell’ala A del carcere di Koridallos

in spagnolo, inglese, portoghese

Azioni internazionali coordinate in solidarietà con Evi Statiri

Dal 12 al 17 settembre 2015, alcun* participant* alla rete di Contra Info hanno effettuato una serie di azioni in solidarietà con Evi Statiri, prigioniera in lotta in Grecia, che il 14 settembre ha cominciato uno sciopero della fame esigendo la sospensione della misura di custodia cautelare impostale 6 mesi fa.

Evi Statiri si trova in galera a causa della mania vendicativa scatenata dagli apparati repressivi della democrazia greca dopo il fallito piano di evasione dei/lle compagn* prigionier* della Cospirazione delle Cellule del Fuoco all’inizio del 2015, che ha messo nel mirino i/le familiar* e amic* dei membri dell’organizzazione. Quando il Potere non riesce a piegare i/le prigionier* sovversiv*, mette le mani su amic* e parenti, cercando di seminare il panico e punire quello che non rientra nelle grosse bibbie della legislatura, quello che supera i muri del carcere, quello che è più lontano dalla dicotomia innocenza-colpevolezza: la solidarietà.

Dopo la decisione di Evi Statiri di scegliere come strumento di lotta lo sciopero della fame, facciamo appello ai/lle compagn* di tutto il mondo per rinforzare questo grido di libertà attraverso l’azione anarchica multiforme. Che nelle strade risuoni: EVI STATIRI LIBERA!

Qui sotto vi proponiamo alcune delle foto delle azioni realizzate nei territori controllati dagli Stati di Bolivia, Francia, Grecia, Portogallo, Cile, Spagna… e aspettiamo i vostri contributi a: contrainfo(chiocciola)espiv.net

Uno striscione è stato esposto a La Paz (Bolivia): “Compagna Evi Statiri, sequestrata dallo Stato greco, ti salutiamo dalla Bolivia”; sono anche stati distribuiti dei volantini: “Dalla Bolivia alla Grecia, libertà per Evi Statiri – La tua lotta dall’interno della prigione è un segno d’indomabile ferocia di fronte al Potere e la repressione”.

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Volantini a Tolosa, Francia: “Solidarietà con Evi Statiri, prigioniera politica in Grecia. Evi Statiri si trova in custodia cautelare nella prigione di Koridallos, in Grecia, dal 2 marzo 2015, arrestata perché compagna di Gerasimos Tsakalos, membro incarcerato della Cospirazione delle Cellule di Fuoco (organizzazione anarchica rivoluzionaria internazionale). Dopo essersi vista rifiutare ancora una volta la scarcerazione, il 14 settembre comincia uno sciopero della fame. Fuoco alle frontiere. Fuoco alle prigioni”

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toulouse3-768x1024Due striscioni sulla cancellata del Politecnico, a Exarchia, Atene: “Né innocenti, né colpevoli – Solidarietà con Evi Statiri” // “Evi Statiri tieni duro // Siamo tutti parenti delle Cellule del Fuoco // Morte ai giudici!”

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Uno striscione è stato esposto in una delle località più centrali e turistiche di Lisbona, Portogallo: “Libertà per Evi Statiri”; sono anche stati distribuiti dei volantini firmati da alcun* anarchic* con un aggiornamento sulla situazione di Evi: “Solidarietà internazionalista e anarchica con Evi Statiri – Dopo 6 mesi di custodia cautelare, un atto arbitrario di pura vendetta del Potere, Evi Statiri ha cominciato uno sciopero della fame il 14 settembre 2015, nelle prigioni della democrazia greca, fino al suo rilascio incondizionato. (…) Libertà per chi si trova nelle celle della prigione – Rilascio immediato per Evi Statiri – Revoca delle misure restrittive contro Athena Tsakalou!”

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Striscione a Santiago, Cile: “La paura può governare, ma non regnerà nei cuori e le menti degli esseri umani liberi” – Evi Statiri libera!”

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Degli slogan sono stati scritti nelle vie di  Iruña/Pamplona, Navarra (Spagna) — Evi askatu! (“Liberate Evi!” in Basco) e altri…

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Fino alla distruzione totale di tutte le prigioni. Evi libera
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Libertà per Evi Statiri
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Libertà per Evi Statiri, compagna greca

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Grecia: Testo di Evi Statiri per l’ inizio dello sciopero della fame del 14 settembre

Sono passati sei mesi dal giorno in cui mi hanno costretta a guardare il cielo da dietro il filo spinato e a misurare il tempo tra una chiusura e l’altra della porta della mia cella. Il nuovo rifiuto espresso dal consiglio giudiziario riguardo la mia liberazione ha confermato quello che già sapevo fin dai primi giorni in cui mi sono trovata nelle celle della forza antiterroristica. La mia detenzione non è stata semplicemente una questione personale: è il riflesso di una strategia oppressiva totale che ha come scopo la creazione di uno stato di terrore e la soddisfazione di una mania vendicativa dell’apparato persecutivo contro i detenuti politici e i refrattari ai valori della cultura del potere.

Continuo a trovarmi in carcere con come unica prova di “colpevolezza” l’essere la moglie del detenuto politico, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, Gerasimos Tsakalos.

Continuo a trovarmi in carcere perché non ho “firmato” un certificato di coscienza sociale (*) e non ho rinnegato il mio compagno e il nostro rapporto.

So che il rifiuto fascista del consiglio giudiziario di ridarmi la libertà di cui mi hanno privato è il risultato degli ordini dell’autorità e di procedure poliziesco-giudiziarie che hanno lo scopo di trasmettere un chiaro messaggio intimidatorio.

Chiunque stia vicino ai detenuti politici rischia di trovarsi nella cella a fianco… Chiunque non chini il capo, non abbassi lo sguardo, non zittisca la propria voce di fronte agli idoli autoritari, viene trascinato in manette in guardina, nelle stanze degli interrogatori, nei tribunali…

Però le iniziative di solidarietà dell’ultima settimana mi hanno provato che la paura governa, ma non regna nel cuore e nella mente degli uomini liberi.

Un grande grazie a tutt* quell* che con le loro azioni esorcizzano la dittatura della bugia e dell’ipocrisia della giustizia che si ostina a mantenermi rinchiusa nelle sue celle. Adesso inizia una nuova battaglia…

All’ulteriore sentenza negativa dei giudici non mi resta che rispondere con l’arma ultima della persona prigioniera, lo sciopero della fame per la mia liberazione.

La mia intenzione era di iniziare da domani (8 settembre), visto che vi avevo già fatto riferimento in una lettera precedente nel caso di un nuovo rifiuto alla mia richiesta. Nei giorni successivi all’annuncio della mia decisione tanti compagni, principalmente dalla provincia, mi hanno chiesto di posticiparlo per permettere anche ad altri compagni di ritornare per poter meglio organizzare la lotta solidale. Capendo le difficoltà che ci sono in un periodo pre-elezioni e poiché concepisco la solidarietà come una condivisione di tensioni, desideri e lotte comuni e non come uno strumento da sfruttare, rispettando e in accordo con il pensiero dei compagni per far sì che si possano moltiplicare le possibilità di solidarietà, ho deciso di posporre l’inizio del mio sciopero di una settimana.

LUNEDÌ 14 SETTEMBRE INIZIO LO SCIOPERO DELLA FAME contro la paura e l’ingiustizia.

È una decisione il cui peso può schiacciarmi, però non esistono altre opzioni… Mi rifiuto di accettare il golpe della bugia e dell’ipocrisia di una giustizia che realizza contratti di sterminio della libertà in nome dell’autorità.

Lo sciopero della fame oltre a una lotta per la mia liberazione è un omaggio a tutt* coloro che hanno lottato prima di me contro la bruttezza dell’autorità e una barricata di resistenza per chiunque il sistema tenterà di incarcerare dopo di me perché vicini ai detenuti politici, perché urleranno per la giustizia e oseranno vivere liberi e non come schiavi.

LOTTA FINO ALLA LIBERAZIONE
LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA

Evi Statiri
Carcere di Koridallos 07/09/2015

(*) Certificato di coscienza sociale : dichiarazione in uso nella polizia e nell’esercito greco tra gli anni 1938-1981, istituita dal dittatore Metaxas, che veniva fatta sottoscrivere ai cittadini, in cui garantivano di non avere a che fare con gruppi comunisti e che non ne condividevano le idee. Fu usata ampiamente durante la guerra civile greca, bollando ed escludendo dalla vita pubblica chi non la firmava, impedendo ad esempio l’accesso ad impieghi pubblici come l’insegnamento.

in greco, spagnolo, portoghese

Grecia: Evi Statiri ancora in prigione perché compagna di un anarchico della guerriglia urbana incarcerato

eve
Il 14 luglio 2015 si è saputo che l’ultima richiesta di rilascio sottoposta da Evi Statiri (la compagna di Gerasimos Tsakalos, appartenente alla CCF, in carcere) è stata respinta dal consiglio giudiziario competente.

Nonostante Evi non abbia mai fatto parte della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, e che non fosse implicata in alcun modo nel piano di evasione della CCF, scoperto nel gennaio 2015, viene comunque tenuta in reclusione predibattimento nella prigione di Koridallos dal 2 marzo.

in inglese

Grecia: Familiari dei membri incarcerati della CCF tenuti in ostaggio

Secondo gli ultimi aggiornamenti (Giugno 2015), a Evi Statiri – compagna del prigioniero anarchico Gerasimos Tsakalos – è stato negato già tre volte il rilascio  dal giudice d’appello speciale Eftichis Nikopoulos (lo stesso bastardo che ha ripetutamente respinto le richieste di permesso per motivi educativi del prigioniero anarchico Nikos Romanos).

Evi Statiri rimane in detenzione predibattimentale sulla base della sua relazione sentimentale col compagno Gerasimos Tsakalos, membro del gruppo anarchico di guerriglia urbana Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Nei prossimi giorni un consiglio giudiziario esaminerà un’altra mozione di rilascio presentata da Evi Statiri.

Allo stesso tempo, un consiglio giudiziario presieduto da Isidora Poga ha respinto la richiesta di Athena Tsakalou, madre dei fratelli Tsakalos, per la revocazione delle misure restrittive che le vietano di lasciare Salamina (Isola di Salamina). Quindi non solo Athena Tsakalou al momento non ha la possibilità di rendere visita ai suoi due figli nella prigione di Koridallos, ma non ha nemmeno il permesso di sottoporsi ai necessari esami medici (è affetta da un grave problema di salute, e nelle vicinanze di Salamina non ci sono le strutture ospedaliere appropriate).

in inglese

Grecia: Fine dello sciopero della fame della CCF

Tramite un comunicato del 04.04.15, i membri incarcerat* della Cospirazione delle Cellule di Fuoco hanno annunciato che cessano lo sciopero della fame, considerando che la domanda di liberazione dei loro familiari è stata soddisfata :

Quello di oggi è un giorno che apre una breccia nei muri del mondo carcerario che ci circonda. Dopo 32 giorni di sciopero della fame, la madre di Christos e Gerasimos Tsakalos, come anche la compagna di Gerasimos, varcheranno fra poco la porta della prigione, nuovamente liber*. […]

Questa vittoria non è solamente il risultato dello sciopero della fame della Cospirazione delle Cellule di Fuoco. È la vittoria di tutta la gente solidale che ha spezzato la tranquillità sociale con attacchi incendiari, occupazioni, sabotaggi, cortei, riunioni, interventi improvvisati, e ha trasformato le città in terreni di momenti insorti e i palazzi occupati in laboratori vivi di situazioni sovversive. […]

Oggi smettiamo il nostro sciopero della fame, dopo aver vinto gli spaventapasseri del Potere che volevano che i nostri familiari fossero messi in carcere, PERÒ nello stesso momento lo sciopero della fame degli altri prigionieri politici continua per ottenere le rivendicazioni più ampie che hanno messo sul tavolo. I prossimi giorni sono critici, quanto per la loro salute come per la scommessa della lotta anarchica totale. […]

FORZA E SOLIDARIETÀ con il compagno anarchico Nikos Maziotis, membro di Lotta Rivoluzionaria, e con la Rete dei Combattenti Imprigionati.

VITTORIA DELLA LOTTA DELLO SCIOPERO DELLA FAME


TUTTO CONTINUA

Cospirazione delle Cellule di Fuoco – FAI/FRI
Nucleo in carcere
04.04.2015

[Grecia] Nikos Romanos: Sullo sciopero della fame dei prigionieri politici

Il 2 marzo 2015, anarchici/prigionieri politici hanno iniziato uno sciopero della fame con richieste riguardanti il contesto repressivo prodotto dalla crociata antiterrorismo che procede regolarmente, malgrado il governo di sinistra dei mercanti di speranza. I compagni anarchici riuniti nella Rete dei Prigionieri Combattenti (DAK) e i compagni Maziotis, Koufontinas e Gournas hanno ricostruito un quadro generale che descrive lo sviluppo della repressione negli ultimi anni. Ecco perché ogni loro richiesta separatamente smantella il regime emergenziale e la sua espressione basilare: nient’altro che repressione. Con l’elezione di SYRIZA molti compagni, me compreso, hanno ritenuto fosse necessario provocare da un punto di vista anarchico, per costringere SYRIZA a rivelare il suo vero volto. Quello del capitalismo, della direzione dei poteri moderni, dei servi del capitale.

Inoltre, a questa mascherata con ospiti di tutti periodi storici, gli spettatori sono costretti a scoprire che dietro le maschere si nasconde il volto del potere che non può essere migliorato né riformato, solamente distrutto attraverso una lotta continua con ogni mezzo. E facciamolo sapere a tutti gli anarchici che si sono fatti attrarre dalle urne per dare il voto a SYRIZA.

Ma, come tutti noi ben sappiamo, era evidente che SYRIZA si tramutasse rapidamente dall’essere braccio istituzionale delle lotte sociali e retorica tollerabile per il realismo di governo del periodo pre-elettorale.

Questo perché l’ondata repressiva a livello internazionale che spazza tutto al suo passaggio, è implicitamente legata alla crisi strutturale del capitalismo e alla sua ricostruzione a tutti i livelli della vita sociale. La questione centrale del dominio sui suoi subordinati continua. Dopo essersi comprata la loro coscienza offrendo loro tessere per accedere al paradiso capitalista tramite prestiti bancari, ora si sta cercando di garantire la loro fiducia nel fatto che la democrazia è senza vicoli ciechi. Naturalmente, il cammino per l’inferno è sempre ricco di buone intenzioni. E non è né la prima né l’ultima volta che la Sinistra da un contributo essenziale all’indirizzo strategico nel dominio del mondo. Così, l’ultimo atto compreso nel puzzle repressivo si è avuto con l’arresto della compagna Aggeliki e con i pogrom  dell’Agenzia antiterrorismo diretti contro i parenti e gli amici dei prigionieri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.

Quelli che hanno trascorso parte della propria vita dietro le mura, possono facilmente cogliere la grandezza del ricatto emotivo prodotto dal vedersi accanto i propri cari nella ripetizione monotona quotidiana della prigionia dietro le sbarre. Un vero incubo istigato dall’Agenzia antiterrorismo e dai giudici. E se devono essere sollevati dal costo personale, il prezzo politico va fatto ricadere sui loro responsabili politici. E per far finta che abbiano l’onore, lasciamoli pure alzare i pugni quando sarà il momento. Così, lo sciopero della fame dei prigionieri membri delle CCF e il suo esito vincente comporteranno il blocco  della vendetta persecutoria contro i parenti dei detenuti che si ribellano. Allo stesso modo, la vittoria dei compagni di DAK e di Maziotis, Koufontinas e Gournas porrà maggiore ostacolo di fronte all’attacco del dominio contro i suoi oppositori politici. Quindi, in questo contesto, è grande l’importanza della lotta dei prigionieri che si ribellano e del movimento di solidarietà.

La possibilità di aprire crepe non solo nelle mura delle prigioni, ma nell’autorità medesima (e nella sua immagine) progredisce. Capiamo le circostanze, coordiniamo le nostre azioni, uniamo gli sguardi e la passione contro ogni autorità, di qualunque origine e retorica. Perché chi ama la libertà e odia l’ingiustizia cercherà sempre dei modi per distruggere le prigioni.

NESSUNA TREGUA CON LA CIVILTA’ DELLO SFRUTTAMENTO
VITTORIA PER LA LOTTA DEI PRIGIONIERI CHE SCIOPERANO
IMMEDIATA SODDISFAZIONE DELLE LORO RICHIESTE

Nikos Romanos
sezione E del carcere di Koridallos
15 marzo 2015

Atene : Lo scioperante della fame Nikos Romanos trasferito all’ospedale

Striscione sulla scuola Politecnica di Exarchia : Solidarietà con l’anarchico Nikos Romanos, in sciopero della fame dal 10/11

Il 24 novembre del 2014, il prigioniero anarchico Nikos Romanos, in sciopero della fame dal 10 novembre, è stato trasferito dalle prigioni di Koridallos verso l’ospedale Gennimatas, sul corso Mesogeion, 154. E’ stato chiamato un presidio solidale per il giorno di oggi, 25 novembre, alle 17.00 di fronte all’ospedale.

Prigioni greche: Attualizzazione sullo sciopero della fame di Nikos Romanos (20/11)

Striscione ad Atene: “Ora tocca a noi. Ora cadiamo senza esitazione… Forza Nikos Romanos.”

La mattina del 20 novembre, undicesimo giorno di sciopero della fame, il compagno Nikos Romanos è stato trasferito al cosiddetto ospedale del carcere di Koridallos, a seguito della richiesta del medico responsabile.

L’ovvio deterioramento del suo stato di salute ha reso necessario il trasferimento in ospedale, dove sono stati condotti ulteriori esami prima di un nuovo trasferimento in cella.

Forza e solidarietà con Nikos Romanos.

Nessuno venga lasciato solo nelle mani dello stato.

fonte: athens imc

[Grecia/Italia] Intervista CCF/Alfredo Cospito

Dalle carceri greche all’AS2 di Ferrara: Quattro parole in “ libertà”.

Intervista delle Ccf a me medesimo.

Prima di rispondere alle vostre domande voglio sottolineare che quel che dirò è la mia verità. Uno tra i tanti punti di vista, sensibilità e sfumature individuali all’interno di quel crogiolo di pensiero ed azione che va sotto il nome di Fai-Fri. Federazione informale che, rifiutando qualsiasi tentazione egemonica, rappresenta uno strumento, un metodo di una delle componenti dell’anarchismo d’azione. Anarchismo d’azione che solo quando si fa informale, non costringendosi in strutture organizzative(specifiche, formali, di sintesi)quando non è all’assillante ricerca di consenso (quindi rifiuta la politica)si può riconoscere in un più largo caotico universo che va sotto il nome di “internazionale nera”. Per capirci meglio la Fai-Fri è una metodologia d’azione che solo una parte delle sorelle e fratelli dell’internazionale nera praticano, non un’organizzazione né tanto meno una semplice firma collettiva, ma uno strumento che tende all’efficienza, che ha come obiettivo quello di rafforzare i nuclei e i singoli compagni/e d’azione attraverso un patto di mutuo appoggio su tre punti – solidarietà rivoluzionaria, campagne rivoluzionarie, comunicazione tra gruppi/singoli:

’’SOLIDARIETÀ RIVOLUZIONARIA. Ogni gruppo d’azione della Fai si impegna a dare la propria solidarietà rivoluzionaria ad eventuali compagni arrestati o latitanti. La solidarietà si concretizzerà soprattutto attraverso l’azione armata, attacco a strutture e uomini responsabili della detenzione del compagno. Non sussiste l’eventualità di mancata solidarietà perché verrebbero meno i principi su cui il vivere e il sentire anarchico si basano. Per appoggio nella repressione non si intende ovviamente quello di carattere di assistenza tecnico/legale: la società borghese offre sufficienti avvocati, assistenti sociali o preti, perché i rivoluzionari possano occuparsi d’altro.

CAMPAGNE RIVOLUZIONARIE. Ogni gruppo o singolo una volta iniziata una campagna di lotta attraverso azione e conseguente comunicato verrà seguito dagli altri gruppi/singoli della Federazione Anarchica Informale secondo i propri tempi e modalità. Ogni singolo/ gruppo può lanciare una campagna di lotta su obiettivi particolari semplicemente “promuovendo” il progetto attraverso una o più azioni accompagnate dalla firma del singolo gruppo d’azione a cui si aggiunge il richiamo della Federazione nella sigla. Se una campagna non viene condivisa, se ritenuto necessario, la critica si concretizzerà attraverso le azioni/comunicati che contribuiranno a correggerne il tiro o a metterla in discussione.

COMUNICAZIONE TRA GRUPPI/SINGOLI. I gruppi d’azione della Federazione Anarchica Informale non sono tenuti a conoscersi tra di loro, non sussiste la necessità ove altrimenti si rischierebbe di offrire il fianco alla repressione, a leaderismi dei singoli ed alla burocratizzazione. La comunicazione tra gruppi/singoli avviene essenzialmente attraverso le azioni stesse e attraverso i canali informativi di movimento senza la necessità di conoscenza reciproca (tratto dalla rivendicazione dell’attentato a Prodi, all’epoca presidente della Commissione Europea, 21 dicembre 2003, tratto da Il dito e la luna, pag. 15-16).

Questo patto di mutuo appoggio di fatto scavalca l’assemblea, i suoi leaders, gli specialisti della parola, della politica ed i meccanismi autoritari che si innescano anche in ambiti anarchici quando l’assemblea diventa organo decisionale. Quello che l’internazionale nera nei prossimi anni dovrebbe fare è riannodare quel “filo nero” che si era spezzato da tempo. Un filo che lega l’anarchismo di ieri che praticava la “propaganda del fatto”, figlia del Congresso Internazionale di Londra del 1881, all’anarchia d’azione di oggi, informale, anti-organizzatrice, nichilista, anti-civilizzatrice, antisociale. Nicola ed io, unici componenti del “nucleo Olga”, non conosciamo di persona gli altri fratelli e sorelle della Fai, conoscerli vorrebbe dire vederli rinchiusi tra le quattro mura di una cella. Ci siamo convinti dell’utilità della Fai-Fri grazie alle parole(rivendicazioni)ed alle azioni dei fratelli e sorelle che ci hanno preceduti. Le loro parole sempre confermate dall’azione ci hanno regalato l’indispensabile costanza senza la quale un qualsiasi progetto si riduce, nell’era del virtuale in inutili, sterili parole al vento. Avevamo bisogno di una bussola per orientarci, uno strumento per riconoscere e smascherare coloro che dell’anarchia hanno fatto una palestra per parolai, un filtro per distinguere le parole vuote da quelle portatrici di realtà. Abbiamo trovato in questa “nuova anarchia”, nelle sue rivendicazioni e nelle conseguenti campagne rivoluzionarie, una prospettiva di attacco reale che amplifica le nostre potenzialità distruttive, salvaguarda la nostra autonomia di individui ribelli ed anarchici e ci da la possibilità di collaborare, di colpire insieme, senza conoscerci direttamente. Nessun tipo di coordinamento può essere incluso nella nostra progettualità. Il “coordinamento” presupporrebbe necessariamente la conoscenza, l’organizzarsi tra le sorelle e fratelli dei diversi nuclei. Tale coordinamento ucciderebbe l’autonomia di ogni gruppo e singolo/a. Il gruppo più “efficiente“, più preparato, più coraggioso, più carismatico inevitabilmente avrebbe il sopravvento riproducendo gli stessi meccanismi deleteri dell’assemblea, alla lunga si ripresenterebbero leaders, ideologhi, capi carismatici, si andrebbe verso l’organizzazione: la morte stessa della libertà. Qualcuno potrebbe contestare che anche in un gruppo di affinità, in un nucleo Fai potrebbe annidarsi un leader carismatico, un “capo”. Nel nostro caso il danno però verrebbe limitato perché tra i nuclei non vi è conoscenza diretta. La cancrena non potrebbe estendersi. Il nostro essere anti-organizzatorici preserva da questo rischio. Per questo motivo bisogna affidarsi alle “campagne rivoluzionarie” che escludono la conoscenza tra i gruppi e singoli/e uccidendo così qualunque barlume d’organizzazione. Mai bisogna confondere le campagne con il coordinamento, questa è l’informalità, questa è l’essenza, secondo me, della nostra progettualità operativa. Sia chiaro che quando parlo di gruppo di affinità o nucleo d’azione posso far riferimento ad un solo individuo od a un gruppo di affinità numeroso. Non bisogna farne una questione di numeri. E’ chiaro che la singola azione viene pianificata tra i vari componenti del gruppo, in quel caso non si può parlare di coordinamento, mai tale pianificazione deve estendersi agli altri gruppi Fai-Fri. Al di fuori del proprio gruppo bisogna “limitarsi” a comunicare unicamente attraverso le “campagne rivoluzionarie” e le conseguenti azioni. La nostra conoscenza della Fai-Fri deve sempre rimanere parzialissima, limitata ai nostri affini. Della Fai-Fri dobbiamo conoscere solo le zampate, i graffi, le ferite apportate al potere. Mortale sarebbe creare qualcosa di monolitico o strutturato, ognuno di noi deve evitare equivoci o fascinazioni egemoniche. L’organizzazione limiterebbe enormemente le nostre prospettive, invertendo il processo dal qualitativo al quantitativo. Nell’azione di uno la volontà di un altro si rafforza dando ispirazione. Le campagne si diffondono a macchia di leopardo. Mille teste contro il potere infuriano, impossibile mozzarle tutte. Sono proprio queste azioni accompagnate dalle parole(rivendicazioni)a permetterci a colpo sicuro di escludere i teorici puri amanti della parola, dandoci la possibilità di rapportarci unicamente con chi vive nel mondo reale, sporcandosi le mani, rischiando sulla propria pelle. Quelle parole sono le uniche che contano veramente, le uniche che ci permettono di crescere, di evolverci. Le campagne rivoluzionarie sono lo strumento più efficace per incidere, fare male dove più nuoce. Dandoci la possibilità di diffonderci nel mondo come un virus portatore di rivolta e anarchia.

CCF: Per conoscerci dicci qualcosa sulla tua situazione attuale.

Alfredo: C’è poco da dire siamo stati arrestati per la gambizzazione di Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Per inesperienza abbiamo fatto degli errori che ci sono costati l’arresto: non abbiamo coperto la targa della moto che abbiamo usato per l’azione, l’abbiamo parcheggiata troppo vicino al posto del’agguato e, soprattutto non ci siamo accorti di una telecamera di un bar, gravissimo errore che oggi stiamo pagando. Abbiamo rivendicato la nostra azione come nucleo “Olga Fai-Fri”. Io sono stato condannato a 10 anni e 8 mesi, Nicola a 9 anni e quattro mesi. Nei prossimi mesi avremo un’ulteriore processo per associazione sovversiva. Questa è più o meno la nostra attuale situazione processuale.

CCF: I prigionieri anarchici e la prigione. Come sono le vostre condizioni nelle sezioni speciali, come si comportano i carcerieri e come sono i vostri rapporti con gli altri prigionieri?

Alfredo: In Italia attraverso i circuiti di Alta Sicurezza, che comportano molte restrizioni, lo stato democratico ci vuole isolare, relegandoci in sezioni completamente separate dal contesto generale del carcere. Impossibile qualunque contatto con gli altri carcerati, non abbiamo la possibilità di andare all’aperto, solo due ore in un piccolo cortile di cemento. La censura per me e Nicola è sempre stata rinnovata, quindi con ritardo e difficoltà riceviamo posta e giornali, le cose particolarmente interessanti per noi ci vengono sequestrate in entrata ed uscita. In questo momento siamo rinchiusi in una AS2, alta sorveglianza specifica per i prigionieri anarchici. Il “rapporto” tra noi ed i carcerieri è di indifferenza reciproca e naturale ostilità. Cos’altro dire, dal mio punto di vista le proteste “civili” fuori e dentro il carcere sono inutili, la “vivibilità” dentro è semplicemente una questione di rapporti di forza. Dal carcere bisogna uscire, tocca a chi sta dentro farsene capace… Continue reading [Grecia/Italia] Intervista CCF/Alfredo Cospito

Atene, Grecia: Lettera di Kostas Gournas in ricordo di Lambros Foundas

ONORE ETERNO A LAMBROS FOUNDAS

Quattro anni fa, il respiro di un grande combattente si è fermato, il mio compagno di Lotta Rivoluzionaria, Lambros Foundas. E’ stato ucciso durante una sparatoria, quando i membri dell’organizzazione stavano cercando di rubare un veicolo a Dafni (Atene).

Lambros è cresciuto politicamente nell’ultimo periodo della transizione politica dopo la giunta e si era unito al movimento antiautoritario. Aveva preso parte agli scontri sociali del periodo caratterizzati da quello spirito speciale del dopo giunta che faceva innalzare la tradizione militante, la memoria collettiva di un popolo assetato di libertà.

Era cresciuto politicamente all’alba del nuovo millennio, li dove il movimento radicale cercava di trovare una connessione col passato tramite le rovine del periodo post giunta al fine di affermarsi nel nuovo periodo di privatizzazione e consumismo. Quando – come ora – lottiamo per capire i grandi cambiamenti nella società greca, cambiamenti che comparati al presente, si sono dimostrati indolori. Dopo ha fatto parte di Lotta Rivoluzionaria e dalle sue fila ha dato l’ultima battaglia della sua vita.

Lambros se ne è andato insieme a tutto un periodo. In questi quattro anni dalla sua assenza, il paese ha sperimentato una doppia bancarotta, politica ed economica. Il sistema bipartitico dell’autorità che è stato il pilastro dello stato dopo la giunta è collassato insieme ad ogni credibilità del suo staff politico. Allo stesso tempo è crollata l’intera struttura economica fondata sull’entrata del paese nella comunità europea. Il paese adesso è colonizzato dall’elite finanziaria del nord europa e la produzione è svenduta dai suoi locali amministratori. Oggi, il fascismo non è alle porte, è già qui. Nei ragazzi arrabbiati, nei disoccupati, nella disperazione, nelle squadracce, nel terrorismo di stato…

Oggi, quattro anni dopo la morte di Lambros Foundas, la battaglia di Lotta Rivoluzionaria, la battaglia del movimento radicale per la libertà e la giustizia sociale è presente più che mai perché abbiamo fatto in modo di essere dove dovevamo essere prima della tempesta, prima di entrare nell’oscurità, in lotta contro il fascismo neoliberale.

E tutto ciò che rimane, Lambros, è rispondere alla domanda eterna, le tue ultime parole, “E ora che facciamo?…” E io lascio che la tua domanda assordante metta le radici nel presente e nel futuro, nelle anime spaventate e nelle stanze dei ragazzi. Non abbiamo altro cammino meritevole di essere seguito se non quello della resistenza. Il cammino di Lambros, il cammino della vita.

*

Dall’introduzione di Nikos Kazantzakis in “Capitano Michalis”:

“Molti di quelli che leggono Capitano Michalis pensano che questi ragazzi – come degli ometti, come diciamo a Creta – non sono mai esistiti, neanche uomini cosi forti fisicamente e mentalmente, che amano la vita cosi tanto da guardare alla morte con tale disprezzo. Come può il non credente credere ai miracoli che crea la fede? Dimenticano che l’anima di una persona diventa onnipotente quando reca una grande idea. Fa paura quando, dopo duri processi, capisci che dentro di noi c’è una forza che può soverchiare la forza di un umano. Ti spaventi, perché dal momento che capisci che questa forza esiste non puoi trovare più scuse per i tuoi atti inutili o codardi, in merito alla perdita della tua vita, all’accusare gli altri. Adesso sai che tu, non la fortuna, non il fato, non chi ti circonda, solo tu hai, non importa cosa fai, non importa cosa diventi, la responsabilità. E allora ti vergogni di ridere, ti imbarazzi nel prendere in giro se un’anima fiammeggiante ti chiede l’impossibile.

Capisci molto bene ora che questo è il valore dell’umano, chiedere e sapere che il suo chiedere l’impossibile ed essere sicuro che lo raggiungerà, perché sa che se darà tutto, se non darà retta a ciò che comanda la logica, ma tratterrà la sua anima coi denti e continuerà ad aver fede, nella testardaggine di inseguire l’impossibile, allora il miracolo accadrà, quello che la mente comune priva d’ali non poteva pensare: L’impossibile diventa possibile.”

Kostas Gournas
Prigione di Koridallos

10 marzo 2014

Atene: Aggiornamento sul processo per la doppia rapina a Velventòs-Kozani (Udienza 6 e 7)

Udienza 6 — 4/3/2014

Esaminati tre testimoni. Il direttore della filiale Agrotiki bank (oggi filiale Pireus), un dentista che gli autori della rapina trovarono lungo la strada verso Veria e che portarono con loro, e un pensionato della compagnia nazionale elettrica che è stato testimone oculare della seconda rapina alle Poste (ELTA) di Velventòs.

Due dei tre, testimoni oculari delle rapine, hanno detto di non poter identificare nessuno degli autori, perché avevano il volto coperto e indossavano tute da lavoro. Il direttore della banca ha detto che alcune delle caratteristiche di uno degli autori “sarebbero simili” a quelle di uno degli arrestati brutalmente picchiati. Ovviamente, tali “simulazioni” non sono abbastanza per identificare qualcuno. Il presidente del tribunale e soprattutto l’accusa hanno cercato di utilizzare le testimonianze riguardo la simulazione di alcune caratteristiche al fine di ottenere un’identificazione dei compagni come autori della rapina in banca a Velventòs. Il testimone ha detto categoricamente di non poterlo identificare e di non voler accusare un innocente…

Al testimone è stato anche chiesto se ci fu terrore o paura per i cittadini che erano in banca in quel momento. Lui ha descritto il comportamento degli autori come impeccabile, sia verso se stesso che verso gli impiegati e tutti i clienti. Gli autori hanno anche permesso ai presenti di uscire dall’edificio mentre la rapina era ancora in corso.

Il dentista preso in ostaggio dagli autori, sebbene pressato per fornire un’identificazione, non l’ha data e ha detto di non poter identificare nessuno. Uno dei compagni accusati ha comunque dichiarato che il testimone ha raccontato solo metà di quanto successo.

Alla questione di un membro della corte, se i cittadini si siano sentiti spaventati da questa rapina, dato che era stata fatta da “membri della CCF”, i testimoni hanno risposto di non aver avuto paura.

Udienza 7 — 13/3/2014

La richiesta della difesa di rinviare l’udienza, visto che l’avvocato Spyros Fitrakis era in corte d’appello dove il compagno Argyris Ntalios (il caso di questo compagno è stato rinviato al 21 Marzo 2014) doveva presentarsi in aula, è stata accettata.

Il processo riprenderà giorno 1 Aprile.

fonte : act for freedom now

Grecia: Solidarietà ai prigionieri del carcere di Koridallos, Atene

6/3/2014

Dal 17 Febbraio, 178 prigionieri nostri compagni nell'”ospedale” carcerario San Paolo fanno lo sciopero del vitto e stanno rifiutando la terapia fermaceutica. Alcuni hanno iniziato anche lo sciopero della fame.

I nostri compagni prigionieri con il loro annuncio di inizio della lotta hanno mostrato le condizioni da incubo in questo inferno che il ministero della giustizia abusivamente e con un eufemismo definisce ospedale.

Come scrivono loro stessi: “tutti noi soffriamo ogni sorta di malattia (pazienti sieropositivi, malati di cancro, o infortunati) sono stipati in stanze – STALLE – MAGAZZINI a dozzine, in una situazione senza precedenti per gli standard globali medici e umani e che da tempo hanno superato i limiti della logica e della tolleranza umana, comportando la nostra quotidiana tortura fisica e psicologica. Ogni giorno lottiamo per SOPRAVVIVERE ed evitiamo la trasmissione di pandemie a causa delle suddette malattie, ma sfortunatamente quando, in stanze di 30 metri quadri, vengono trattati 16-18 pazienza sembra uno scenario di fantascienza e annulla ogni concetto di cura elementare.”

Comunque, le immagini dell’inferno-“magazzino di anime” pubblicate in internet dimostrano l’accuratezza di quanto dicono i nostri compagni prigionieri e mostrano chiaramente quale è la verità.

Questa lotta riguarda ogni prigioniero visto che ognuno di noi potrebbe essere ricoverato durante lo sconto della pena.

Siamo solidali con la lotta dei nostri compagni prigionieri nell'”ospedale” San Paolo.

Ci riserviamo per reazioni più forti se le loro richieste non venissero accolte.

Testo firmato da:
219 prigionieri del 1° padiglione,
351 del 3° padiglione,
320 del 4° padiglione del carcere di Koridallos.

Solidarietà a tutti i prigionieri dell’ospedale di Koridallos.

fonti: athens indymedia, act for freedom now

Atene, Grecia: Striscione solidale con i detenuti ricoverati nell’ospedale del carcere di Koridallos

Dal 17 Febbraio 2014, circa 180 detenuti ricoverati nell’“ospedale” Aghios Pavlos nel carcere di Koridallos sono in sciopero, rifiutano vitto e medicazioni, per protestare contro le tremende condizioni.

Gli anarchici del quarto padiglione del carcere maschile di Koridallos hanno esposto uno striscione fuori dalle finestre delle “loro” celle, poste proprio davanti all’ospedale del carcere. Lo striscione recita: “Forza, ragazzi! Rompete la condizione indegna che state vivendo (A)”. I pazienti hanno visto lo striscione e l’hanno gradito molto.

Forza ai prigionieri in lotta nell’ospedale di Koridallos!

(1 Marzo 2014)

Atene – Quarto processo contro la CCF: Aggiornamento sulla 34a udienza (25/2/2014)

Durante la 34a udienza del quarto processo contro la CCF, Vassilis Foukas era tra i testimoni dell’accusa. Vassilis Foukas è stato uno dei principali membri (un ufficiale) della mafia giudiziaria. Ha lavorato come presidente della Corte d’Appello per il caso della “17 Novembre” e come investigatore per i casi di “17 Novembre”, “ELA”, “1 Maggio”, per il caso dell’omicidio di Michalis Prekas e per quello dello scontro armato a Gyzi (Atene) dove Christos Tsoutsouvis e 3 poliziotti sono morti.

Foukas si è mostrato a suo agio in aula visto che ha familiarità col contesto. I compagni della CCF sono accusati di un attacco incendiario contro la sua abitazione nel 2009. Dopo aver testimoniato – durante l’esame dei giudici – di essere rimasto terrorizzato dall’attacco, e che se non fosse stato per lui, sua moglie sarebbe potuta morire, è toccato ai compagni della CCF porre delle domande. Ed ecco che la sua vecchia attitudine investigativa si è “risvegliata”…

Visto che le domande dimostravano che lui abusò del suo potere giudiziario (accedendo a dichiarazioni dei testimoni, ecc) ha iniziato ad indisporsi e ha cominciato ad essere sgarbato nelle risposte. Ad un certo punto quando si è sentito “messo all’angolo” ha interrotto la testimonianza e ha cercato di lasciare l’aula prima che le domande fossero terminate. E lì i compagni della CCF lo hanno attaccato. Uno di loro è saltato oltre i banchi verso di lui e gli ha tagliato la strada, un altro gli ha dato un bel ceffone. Prima che partissero gli altri compagni, gli agenti sono riusciti a farlo scappare. Prima di ciò, l’ex procuratore aveva detto “Non ho nulla da rispondere!” e si era sentito rispondere da un compagno: “Coglione, abbiamo bruciato la tua casa, la prossima volta la faremo esplodere…”.

La corte si è ritirata e ha deciso che il testimone dovrà essere richiamato in modo da completare le domande.