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[Italia]: Nuovo opuscolo sui gruppi di guerriglia urbana Direct Action & Wimmin’s Fire Brigade

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È disponibile il nuovo opuscolo:

“Guerra al patriarcato, guerra alla tecnologia assassina”
Raccolta di dichiarazioni, comunicati, saggi e interviste dei gruppi
armati di guerriglia urbana Direct Action e Wimmin’s Fire Brigade.

“Il cambiamento totale che deve avvenire perché le nostre vite tornino
ad avere un reale significato e un’indipendenza, e perché il nostro
pianeta sopravviva, sembra così impossibile da realizzare. Eppure deve
realizzarsi. Ognunx di noi individualmente deve cercare di comprendere a
fondo la società plastificata che ci circonda e le nostre relazioni con
essa, e rigettarla interamente, sia nel pensiero che nell’azione. In
questo processo dobbiamo anche unirci con altrx che condividono questa
consapevolezza e preoccupazione per il futuro e avanzare con coraggio,
in ogni modo possibile, verso un nuovo e migliore modo di vivere. Un
modo di vivere basato sulla cooperazione, l’uguaglianza, e un profondo
rispetto per la terra.
_ La situazione è urgente. Il momento del cambiamento è ora.”_

Indice:
_ Introduzione_

Storie
Lotta armata, guerriglia e influenze dei movimenti sociali su Direct
Action di Ann Hansen

Saggi
L’etica protestante del lavoro e il sogno occidentale  di Gerry Hannah
pag. 13
Vivere nella realtà di Doug Steward
Resistenza femminista vs riforma di Ann Hansen
Conquista patriarcale e civilizzazione industriale di Brent Taylor

Dichiarazioni
Dichiarazione in tribunale prima della sentenza di Ann Hansen
Alle nostre sorelle, non siamo terroriste – un comunicato dal carcere
di Ann Hansen e Juliet Belmas

Comunicati
Attacco esplosivo cheekeye-dunsmuir
Attacco esplosivo litton
Attacco incendiario red hot video

Interviste dopo il carcere
Femminismo militante – intervista con Juliet Belmas
Resistenza armata – intervista con Ann Hansen

Comunicato di Ann Hansen
sul suo recente arresto, carcerazione e rilascio

Nota: la prima versione di questo opuscolo, diffusa solo in alcune
copie stampate, conteneva degli errori e soprattutto mancava di un
testo, “Vivere nella realtà”, che ora è stato inserito. Si prega quindi
di tenere come buona questa seconda versione per la diffusione.

[Trento] La potenza di un incompiuto

Postfazione dell’opuscolo “DICEMBRE NON È FINITO A DICEMBRE…” (raccolta di testi sulle lotte in Grecia in occasione dell’incontro del 13 dicembre 2015 alla Nave Assillo Occupata):La potenza di un incompiuto

La Grecia, fra il 2008 e il 2013, è stata attraversata dal conflitto sociale più intenso e più duraturo che abbia toccato un Paese europeo da parecchi anni a questa parte.

Per descrivere e comprendere quel ciclo di lotte, almeno nelle sue linee essenziali, ci vorrebbe un intero libro. Se materiali e riflessioni sulla rivolta generalizzata del dicembre 2008 sono circolati in Italia, si deve registrare invece una notevole carenza per il periodo successivo, soprattutto in termini di “bilancio” e di riflessione. Carenza tanto più grave in quanto il calderone greco è, per gli anarchici, una fonte ricchissima di questioni rivoluzionarie da approfondire.

L’impasse che trattiene e divide da tempo compagne e compagni è frutto di quel senso di incompiuto che segue i periodi di assalto al cielo, ma forse anche dello scarso confronto critico sulle prospettive, sui metodi, sui mezzi con cui quel ciclo di lotta è stato affrontato.

Non vi rimedieremo certo noi con qualche nota. Tuttavia, come anarchici e internazionalisti, sentiamo l’esigenza e l’urgenza di non limitarci a raccogliere contributi, ma di farne un arsenale teorico e pratico per il presente e per il futuro.

I pochi testi raccolti in questo opuscolo sono di per sé sufficienti per cogliere, sia pure a pennellate, il contesto di cui sono espressione e il senso del possibile che contengono.

Le misure repressive – dalle leggi cosiddette antiterrorismo alla detenzione speciale – si inseriscono in quel contesto, e si renderebbe un ben magro servizio ai compagni e alle compagne colpiti dallo Stato per le loro pratiche di rivolta facendo della solidarietà contro la repressione un terreno separato dalla più ampia prospettiva di sovvertire la società.

Come spesso accade, ciò che si verifica dopo l’entusiasmo incendiario di quasi cinque anni di scioperi selvaggi, di sommosse, di espropri, di attacchi, di scontri con tutti i servitori dell’ordine statale illumina a ritroso elementi importanti trascurati prima e durante la battaglia.

Quel ciclo di lotte, che ha anticipato e accompagnato i moti insurrezionali che hanno attraversato il Mediterraneo e le sommosse che hanno rotto la pace sociale in Scandinavia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in Italia, in Turchia (per rimanere in Europa), ha prodotto in ambito rivoluzionario degli effetti su cui è fondamentale riflettere.

Da un lato, una generazione di giovani compagni cresciuti in fretta con una noteveole disponibilità allo scontro (il coraggio è fatto anche dell’aria che si respira) e un’acuta coscienza della posta in gioco. Dall’altro, la frammentazione di desideri e di pratiche che prima convivevano nella stessa comunità di lotta.

Se ogni esperienza storica ha le sue specificità e i suoi slanci creativi, nei momenti di riflusso ci sono anche delle costanti. Vediamone alcune.

Una parte di compagni riconduce i limiti dell’intervento anarchico alla mancanza di un’organizzazione, che deve essere unitaria, forte, riconoscibile, formale (con tutte le differenze del caso, era la stessa lettura che davano Makchno e Archinov dopo il 1921 in Russia).

Una parte di compagni cede all’illusione che scendere a patti momentaneamente con alcuni settori della classe dominante faccia guadagnare spazi di agibilità (ci riferiamo al fatto che non pochissimi libertari hanno votato per Syriza).

Una parte di compagni, delusi e disgustati da atteggiamenti rinunciatari, compromissori o “accentratori”, accentua l’importanza dell’aspetto “militare” dello scontro con il potere, di cui declina poi in questa o in quella maniera i modi organizzativi.

Il dibattito ristagna e le posizioni si polarizzano. Non c’è invito ecumenico che tenga. Il solo modo di uscirne è precisare le prospettive e riconoscere, a partire da quelle, le affinità e le divergenze.

Nel frattempo, si perdono le occasioni.

Per fare un esempio, il testo di Maziotis è stato, a nostra – sicuramente parziale – conoscenza, uno dei pochi contributi usciti su Syriza-referendum-memorandum, una situazione che potenzialmente riapriva una partita che lo Stato cercava di sigillare, e la rilanciava su un piano ancora più alto.

Non vorremmo cedere agli anacronismi dei paralleli storici, ma quella situazione – in un contesto in cui quasi tutto il ciclo internazionale di lotte 2011-2013 si stava chiudendo – meritava un’analisi e un intervento rivoluzionari non tanto diversi, almeno per complessità e portata, di quelli proposti da Bakunin di fronte alla guerra franco-prussiana del 1870-1871.

Davanti all’avanzata delle truppe di Bismarck e alla proclamazione della Repubblica in Francia, Bakunin scrive alcune delle sue pagine migliori.

Il ragionamento del rivoluzionario russo è dettagliato e allo stesso tempo essenziale ai fini della propaganda (la propaganda è anche semplificazione, è anche retorica). Ridotta all’osso, l’analisi-progetto bakuniniana era questa: la neonata Repubblica è incapace – per la sua natura borghese e per la corruzione dei suoi rappresentanti più noti – di salvare la Francia dalla guerra e dalla restaurazione monarchica; solo l’armamento generale del popolo può riuscirci, se il proletariato urbano si alleerà con i contadini e se insieme spezzeranno la macchina governativa. Per Bakunin – che scrive le sue lettere sette mesi prima della Comune di Parigi – la sconfitta del prussiano invasore è tutt’uno con un moto insurrezionale contro il prussiano interno (il funzionario statale, il padrone e il proprietario terriero). La federazione rivoluzionaria dei liberi Comuni è allo stesso tempo condizione e obiettivo dello “scatenamento delle passioni” e dell'”anarchia popolare”. I primi atti insurrezionali dovrebbero essere bruciare carte e titoli di proprietà, da un lato, e distribuire la terra ai contadini, dall’altro. Il tutto partendo dalle province e non da Parigi (per questo Bakunin andrà a Lione. Che il problema fosse proprio l’accerchiamento di Parigi, in assenza di sollevazioni nelle altre città, lo si vedrà sette mesi dopo con la repressione della Comune).

Fra le mille differenze di contesto storico, ci interessano qui le analogie che emergono con la situazione greca di oggi. Syriza è andata al potere con alcune promesse (e una parte della società ci ha creduto perché, se può ottenere certi risultati senza scontri e rischi, delega – nessuna sorpresa). Nel rapido e grottesco balletto elezioni-referendum-accettazione del memorandum, la cosiddetta alternativa di sinistra ha dimostrato che nessun governo può davvero rifiutare i piani della Troika e mettere significativamente le mani nella borsa degli industriali e della classe dominante. Ad arrivarci con le proposte e con le energie giuste, una situazione ideale per gli anarchici. Nelle sue linee essenziali, l’analisi di Maziotis ricalca quella bakuniniana: il governo di sinistra è un vassallo delle truppe della Troika; solo il popolo in armi può togliersi il cappio dal collo, organizzandosi in senso comunista (esproprio del capitale) e anarchico (libera federazione dei quartieri, dei comuni, dei consigli).

Alcune misure rivoluzionarie che andassero in quel senso (presa e distruzione dei municipi, espropri di ciò che la Troika e i suoi collaborazionisti stanno svendendo, autodifesa nei quartiere) avrebbero potuto diventare, con dei “proclami” adeguati, esempi a livello internazionale. E avrebbero spinto un po’ tutti a pensare in modo meno “ideologico” e separato lo stesso rapporto fra gruppi di guerriglia e prospettiva insurrezionale (cioè armamento generale degli insorti), fra movimento specifico e “popolo”, fra l’organizzazione come “bandiera” e l’organizzazione come fatto.

Se poi pensiamo che già durante lo sciopero generale del 19-20 ottobre 2011 alcune detenute si erano ammutinate in solidarietà con i manifestanti, si può intuire come lo stesso problema delle carceri speciali si sarebbe posto ben diversamente.

Cosa si possa intendere oggi per “autorganizzazione della produzione industriale” o per “consigli dei lavoratori” andrebbe precisato e approfondito. Così come l’uso del denaro nelle prime fasi di una rivoluzione, o il rapporto con la “piccola proprietà”. Ma non è questo lo scopo delle nostre note. E nemmeno quello di sottolineare le nostre divergenze su alcuni aspetti. Vogliamo solo suggerire a che livello urge ragionare oggi.

Rileggendo i testi raccolti, questi e altri problemi sono presenti, anche se sparpagliati. Non lasciamoli riposare in pace.

Forse mai come oggi utopia (cos’è l’anarchia? cos’è il comunismo libertario? come si abbatte lo Stato? come si distrugge il Capitale? cos’è l’autogestione?) e contenuti-metodi-mezzi dell’intevento quotidiano vanno pensati insieme.

La solidarietà con i compagni ostaggi del nemico è per noi anche questo: partecipare su un piano di reciprocità a elaborare le basi teoriche e materiali di un progetto anarchico, insurrezionalista, rivoluzionario.

Rovereto-Trento, 10 dicembre 2015

E’ uscito il n°6 di “BeznAchAlie” + opuscoli sull’anarchismo in Cina

Scaricare la rivista in pdf.

In questo numero :

-introducion………………………..
-Introduzione………………….
-Anni Dieci:………………………………..
– Lettera agli editori………………………
-io…………………..
-Materiali di lotta contro la guerra e il mondo che la produce…………………
-Il Carmine va a puttane ……………………………………
-WELD ………………………….
-Sull’apologia della violenza ………………………
-Tristezze anarchiche, sui sabotaggi e i lamenti che ne…………….
-Onesti e canaglie…………………………
-Quale verità, quale giustizia? ……………………….
-No, vaffanculo, io non sono Charlie …………………….
-E’ più violento prenderle o darle? ……………………..
-UN TESTO DI NIKOS ROMANOS ………………………
-Grecia – Contro le carceri di tipo C………………………..
-SCRITTO DI FRANCISCO SOLAR SUL CASO PANDORA………………………
-Scritto di Monica Caballero sull’ultima ondata repressiva………………
-prigioniera in lotta Noelia Cotelo Riveiro………………
-Perquisizioni a Mentoulles e Cuneo………………
-REPRESSIONE IN U.K: TAGLIA E MANDATO DI CATTURA PER UN COMPAGNO…
-Comunicato dei prigionieri della sezione AS2 di Ferrara, 14 febbraio 2015…….

In aggiunto, potrete leggere L’anarchica He Zhen e un’opuscolo sull’anarchismo in Cina.

Brasile: Notti bianche e cieli stellati

La Coppa del Mondo non è un affare di calcio. Se un paese è candidato per l’organizzazione di questo evento, è perché il calcio esercita oggi la stessa funzione di uno spettacolo di gladiatori nell’antica Roma, oltre a costituire un’occasione insperata per lo Stato organizzatore di far avanzare a passi da gigante il proprio sviluppo economico e la propria influenza politica. La Coppa ha costi mostruosi, tuttavia il rientro sull’investimento promette quasi a colpo sicuro di essere assai lucroso. Il Brasile, considerato una delle grandi potenze economiche mondiali, conta d’avanzare ancora di livello organizzando la Coppa e i Giochi Olimpici.

La Coppa del Mondo è anche un progetto del potere per imbrigliare le tensioni sociali e offrire lo spettacolo della sua adorazione. Per le entità statali e gli interessi economici è un’occasione di creare le condizioni per aprire nuovi mercati, per tappare la bocca a certe resistenze e per realizzare un salto qualitativo nell’occupazione del territorio e nello sfruttamento capitalista. È il maxi-raduno moderno di Stato e Capitale, dove l’arroganza del potere si esibisce nello spettacolo degli stadi, delle masse sbraitanti, degli schermi, delle trasmissioni in diretta e della fierezza nazionale.

La concessione dell’organizzazione della Coppa del Mondo 2014 allo Stato brasiliano ha comportato una intensificazione immediata e sistematica della militarizzazione della gestione della «pace sociale». Create sul modello delle tristemente celebri «operazioni di pacificazione», sono nate nuove unità di polizia, le Unidades de Polícia Pacificadora (UPP), istituite dal 2008 nei quartieri critici e nelle favela di Rio de Janeiro. Nel nome della guerra contro i trafficanti di droga, lo Stato ha ripreso il controllo dei quartieri militarmente. Nello spazio di quattro anni, secondo stime ufficiali, solo a Rio de Janeiro più di 5.500 persone sarebbero state uccise dalla polizia. Nei quartieri da cui le bande di trafficanti sono state cacciate, ora sono i paramilitari a fare il bello e il cattivo tempo.

Ma la Coppa del Mondo ovviamente non attiene solo all’aspetto delle uniformi. Per una cifra superiore ai 3.500 milioni di dollari, sono stati costruiti stadi in luoghi strategici delle città. Sono state sgomberate e rase al suolo diverse favela per costruire nuovi quartieri per le classi medie, centri commerciali, alberghi di lusso e predisporre siti balneari. Vie di trasporto e autostradali sono state allestite e messe in sicurezza; aereoporti, porti e reti elettriche sono stati costruiti o ricostruiti. A Rio de Janeiro, 250.000 persone sono state sgomberate dalle loro abitazioni per far largo ai progetti edilizi legati alla Coppa del Mondo del 2014 e ai Giochi Olimpici del 2016. La Giustizia brasiliana non ha nascosto le proprie intenzioni relative alle future destinazioni d’uso di tutti quegli stadi, che per lo più serviranno solo per ospitare qualche partita: sono in corso studi per esaminare come i nuovi stadi di Manaus, Brasilia, Cuiabá e Natal possano essere trasformati in prigioni. Continue reading Brasile: Notti bianche e cieli stellati

Atene: Evento e discussione per la repressione in Italia

Evento e discussione per la repressione in Italia.
Presentazione dell’opuscolo “Repressione in Italia” con dei compagni della rivista anarchica “La Miccia” da Napoli.

Giovedì 7 Febbraio 2013
Università del Politecnico di Atene, ingresso da Via Stournari, Aula Ghini

NEI TEMPI DELLA CACCIA MODERNA ALLE STREGHE
SIAMO IL FUOCO CHE BRUCERÀ TUTTI I CARNEFICI
DELLA NOSTRA VITA